Almanacco del 19 marzo, anno 235: si consuma l’assassinio dell’imperatore Alessandro, ultimo dei Severi, e di sua madre. Ha inizio quella che convenzionalmente la storiografia chiama “periodo dell’anarchia militare”. Una morte, quella dell’ancora giovane imperatore, tutt’altro che chiara, vista l’incertezza che regna sulle modalità, sulla sequenza di accadimenti, sui moventi e i protagonisti del gesto. Tuttavia, si può dire con assoluta certezza cosa comportò quel delitto: un periodo in cui Roma cessò di esistere in quanto entità statale salda e per certi versi granitica nei confronti delle avversità interne.
Non che prima di quel 19 marzo 235 d.C. non si verificarono episodi in grado di destabilizzare ancor di più un già traballante impero. Gli storici fanno a gara nell’individuare queste avvisaglie, alcune delle quali (agli occhi dei presenti, ovvio) sembrano essere di facilissima interpretazione. Ma se del post Alessandro Severo si è già parlato in un vecchio articolo dedicato all’argomento, oggi vorrei richiamare la vostra attenzione sul percorso che, in modo lento e doloroso, conduce alla fine della suddetta dinastia imperiale. Un cammino sul quale oggi pesa un giudizio storico ambiguo, perché in effetti ambiguo fu il regno del giovane Severo.
Marco Bassiano Alessiano nasce nel 208 d.C. ad Arca Caesarea, odierno Libano. Il suo nome si associa precocemente alla dignità imperiale, in quanto il controverso cugino maggiore Eliogabalo (altro nome noto per chi ci segue da tempo) lo adotta prima di morire assassinato. Così nel 222, a soli 13 anni d’età, Marco Bassiano Alessiano diventa imperatore con il nome di Alessandro Severo. Sorgeva un gravoso problema: come far accettare al senato, all’esercito, al popolo un imperatore così giovane e per di più imparentato con quel dissennato di Eliogabalo? La soluzione era nella mistificazione della figura di Alessandro Severo, perciò nell’accurata ed oculata narrazione attorno la sua ascendenza. Insomma, urgeva un bel lavoro di propaganda.
Dall’oggi al domani Alessandro divenne magicamente uno dei figli di Caracalla (così si legittimava il suo potere, in quanto continuatore della dinastia di sangue). Anche la scelta del nome ufficiale era tutto un programma: con modestia egli si scelse il nome di Marco Aurelio Severo Alessandro Augusto. Tutti gli storici che narrano la vita del giovane Severo concordano su un punto. A differenza del predecessore, Alessandro aveva conosciuto un’educazione classica, un’educazione che lo portava ad essere paziente, magari privo di carisma, ma comunque cauto e ponderato nelle scelte. Soprattutto l’imperatore temeva più di ogni altra cosa l’etichetta di “tiranno”. Una simile accortezza spiega la scelta politica di formare un consilium composto da 16 personalità di spicco nella società romana. Senza l’accordo unanime del consiglio, l’imperatore non avrebbe agito di testa sua. Tutt’altro che accentratore il nostro Alessandro.
L’imperatore si sbatté a destra e a sinistra per farsi amare e rispettare, soprattutto dal popolo. Fece costruire l’ultimo degli 11 acquedotti storici di Roma, restituì alla plebe le Terme di Nerone (prontamente ribattezzate “Terme Alessandrine”), decorò sontuosamente il foro di Traiano. Secondo le fonti addirittura non ordinò mai nessuna condanna a morte (anche se è difficile pensarlo in un periodo di tempo che va dal 222 al 235 d.C., gli anni del suo regno). Nella sfera religiosa contraddisse totalmente il predecessore Eliogabalo, tornando al tradizionalismo romano. Detta così sembra come Alessandro Severo fosse l’imperatore perfetto in un contesto pacifico ed ideale. Magari…
La frontiera orientale ululava, con i Sasanidi di Ardashir I che spingevano sul limes. Controvoglia l’imperatore partì per l’Oriente nel 231. L’esito di quella campagna militare, in modo retroattivo, giustificò quella neppure troppo velata riottosità. Sì perché nel complessivo la campagna Sasanide si risolse in un fallimento, più per gli uomini persi e l’indecisione al comando dell’esercito che per i territori salutati. Quel buon rapporto che Alessandro era riuscito a costruire con i suoi generali ben presto si incrinò. In questo calcò parecchio la mano la figura materna, Giulia Mamea. Essa continuava ad esercitare una certa pressione sulle decisioni del figlio. Alessandro magari voleva fare di testa sua, ma non sapeva distaccarsi da quella figura che in un modo o nell’altro c’era sempre stata.
In men che non si dica, la situazione precipitò. Il malcontento dell’esercito, scosso da quelle sconfitte, si tramutò in aperta ostilità nei confronti dell’imperatore e dell’odiata madre. Sarà durante un’operazione di contenimento sul confine germanico-retico che si consumerà il duplice omicidio imperiale. Massimino il Trace, soldato tra i soldati, ucciderà (o farà uccidere) l’imperatore e la madre nella loro tenda nei pressi di Mogontiacum, fortezza romana sul limes germanico. Moriva così, il 19 marzo 235, l’ultimo dei Severi.