Almanacco del 18 febbraio, anno 1662: ha formalmente inizio il regno di Kangxi, secondo imperatore della Cina propriamente detta appartenente alla dinastia Qing. Il suo regno durò ben 61 anni ed è considerato il più longevo della storia imperiale cinese. Esso coincise con l’apogeo del potere Qing, manifestatosi con una stabilità interna senza precedenti, una netta e salda espansione territoriale e un grande sviluppo scientifico-culturale.

La data qui sopra riportata, ossia il 18 febbraio 1662, fa riferimento a una delle diverse tappe che contrassegnarono la salita al trono di Kangxi. Cercando di non fare troppa confusione, è bene attuare le dovute differenziazioni. Terzogenito dell’imperatore Shunzhi, Kangxi nacque nel 1654. Ciò significa che quando suo padre morì giovanissimo (aveva 24 anni) nel 1661, il principe ereditario aveva sette anni (otto se si fa riferimento al computo dell’età tradizionale cinese). L’intronizzazione avvenne allora, il 7 febbraio 1661. Tuttavia il nome dell’era (niánhào, 年号; atto con il quale si dà il via al conteggio degli anni di regno) venne adottato il 18 febbraio 1662.
Al di là delle pignolerie di carattere cronologico, è bene sapere che il governo dell’impero allora non ricadde nelle mani del giovanissimo Kangxi, bensì ad un consiglio di reggenza. Essendo un collegio di reggenti composto da quattro persone, ognuno con propri interessi e proprie aspirazioni, presto si delineò a corte una situazione di estrema precarietà. Il continuo attrito fra le fazioni facenti capo ai reggenti diede comunque tempo a Kangxi di crescere e di prendere effettivamente le redini dell’impero nel 1669, all’età di 15 anni.

Uno degli aspetti più delicati che l’imperatore dovette subito trattare riguardò la gestione e il consolidamento delle frontiere cinesi. Diversi furono gli episodi che misero a repentaglio l’integrità territoriale dell’impero Qing, in particolar modo a causa di forze tanto interne quanto esterne decise a sovvertire l’ordine costituito. Si può citare ad esempio la Rivolta dei Tre Feudatari (1673-1681). Fu una ribellione portata avanti dai tre più potenti governatori della Cina meridionale. Fautori di una più larga autonomia di governo, i tre signori feudali eversivi dichiararono guerra al potere centrale di Pechino. Dopo otto anni di guerra, l’autorità imperiale prevalse sui tre feudatari.
Non fu certamente l’unico grattacapo con il quale Kangxi dovette avere a che fare. Contemporaneamente alla rivolta autonomista meridionale, l’imperatore si ritrovò a contenere una seconda insurrezione. Questa nello specifico fu portata avanti dai mongoli Burni del Chakhar. Le truppe imperiali ebbero la meglio anche questa volta. Con la soppressione della sommossa nel 1675 ci fu anche l’annessione definitiva della provincia settentrionale del Chakhar.

Altra questione riguardò Taiwan, all’epoca Formosa per gli europei. A comandare sull’isola era de facto il clan Zheng, fedelissimo della precedente dinastia Ming e per questo ostile ai Qing. Onde evitare futuri problemi di carattere militare e politico, Kangxi decise di agire preventivamente. Mandò una flotta a Taiwan, sconfisse i dissidenti e annesse l’isola nel 1683. Al contempo il Celeste Impero si ritrovò nel bel mezzo di una contesa territoriale con i russi prima e con i mongoli Dzunghari poi.
Dopo qualche battibecco di confine con lo zarato, si arrivò alle maniere buone e alla sottoscrizione nel 1689 del Trattato di Nerčinsk, con il quale si concordava una volte per tutte il confine russo-cinese e si apriva un canale diplomatico fino ad allora inesistente. Con i mongoli il passaggio dalle maniere cattive a quelle buone non ci fu mai, perché le due forze rimasero salde sulle loro posizioni. La guerra arrise all’impero dei Qing che sul tramontare del XVII secolo consolidò il suo predominio sulla Mongolia interna.

Ma l’epoca dell’oro iniziata il 18 febbraio 1662 non fu solo una questione di guerre vinte e contese risolte. Anzi, il vero valore dell’imperatore (e della sua magica cerchia) è da misurarsi con i provvedimenti interni aventi come obiettivo il risanamento fiscale, il potenziamento dell’economia agricola, il rafforzamento della burocrazia imperiale, i limiti imposti all’aristocrazia mancese, ecc.
Come non citare poi l’influsso positivo che le politiche dell’imperatore ebbero sulla cultura cinese. Si deve a quest’epoca il dizionario di caratteri cinesi più grande e completo mai scritto; un’opera monumentale che porta il nome del suo mecenate, infatti è detto Dizionario Kangxi. In seconda analisi, è risaputo l’incoraggiamento della corte imperiale nello studio delle scienze occidentali. Anche per questo motivo i gesuiti proliferarono in Cina a cavallo fra Sei e Settecento.

Gli ultimi anni di regno si rivelarono particolarmente difficili per Kangxi. Le lotte intestine aumentarono di tenore con l’invecchiamento dell’imperatore. Allo stesso modo la sua progenie, captando il momento delicato per la successione al trono, iniziò una guerra fratricida nota come Guerra dei Nove Signori. Da quest’ultima ne uscì fuori il principe Yin Zhen. succeduto al padre nel 1723 col nome imperiale di Yongzheng. Ciò non toglie nulla a Kangxi, ritenuto a ragion veduta come uno dei regnanti più capaci, longevi e illuminati della Cina imperiale.