Almanacco del 18 dicembre, anno 1271: Kublai Khan, nipote di Gengis Khan, costituisce la dinastia Yuan (元 , yuán) e, seguendo il tradizionale schema Han, proclama se stesso come legittimo imperatore della Cina. Benché ciò avvenga nel 1271, il processo di conquista dell’intero territorio cinese potrà dirsi concluso solo otto anni più tardi, nel 1279.
Kublai Khan non fu tuttavia il primo a tentare l’invasione della Cina. Già suo nonno Gengis Khan era riuscito nell’impresa di conquistare Pechino. Suo zio il Gran Khan Ögödei portò avanti il progetto di conquista causando la dissoluzione della dinastia Jīn nel 1234. Negli anni ’50 riprese l’avanzata mongola verso sud. Questa volta a discapito della dinastia Song, la quale soccombette proprio dinnanzi le inarrestabili forze di Kublai Khan. L’esercito mongolo unificò completamente il paese tra il 1276 e il 1279. Due anni significativi, in cui caddero Canton e Hangzhou, ultimi baluardi dei Song.
Qui voglio tuttavia concentrarmi sull’atto formale del 18 dicembre 1271, data esatta riportata dalle fonti tradizionali cinesi e non. In quel giorno Kublai Khan rivendicò formalmente il Mandato del Cielo (天命, Tiānmìng). Si trattava di un atto simbolico e legittimatorio, legato ad un concetto di sovranità tipico della tradizione imperiale cinese. Secondo il medesimo, soltanto il cielo deteneva la facoltà di scelta per quanto riguarda il sovrano cinese. Se egli si fosse rivelato virtuoso e retto, allora il cielo avrebbe scelto lui. Ma se dopo l’assunzione della carica, il sovrano si sarebbe lasciato andare in gesti riprovevoli e ingiusti, ebbene il cielo avrebbe revocato la dignità imperiale.
Si può facilmente intendere come la volontà di Kublai Khan, grandissimo conoscitore della cultura sinica, fosse quella di inserirsi nelle specifiche dinamiche di potere che per millenni contraddistinsero l’Impero cinese con tutte le sue dinastie. Mai fu palesata l’intenzione di cancellare il passato per dar vita a qualcosa di nuovo. I mongoli dell’ultimo Gran Khan (titolo con cui la storiografia occidentale si riferisce a Kublai Khan) volevano affermarsi in continuità con le tipiche formule del potere imperiale. Assimilato ciò, si comprende il resto dell’operato della dinastia Yuan.
Ad esempio suona meno strano il fatto che il nuovo imperatore scelse il 1272 come primo anno del calendario imperiale cinese (abitudine di tutte le dinastie regnanti); o il fatto che, nonostante non mancasse mai di rivendicare la sua appartenenza alle steppe asiatiche, fosse solito apparire in pubblico per officiare i rituali di matrice confuciana o per venerare gli antenati.
Volgiamo adesso lo sguardo verso fatti più concreti e meno formali. Si può dire come Kublai Khan si distinse dai suoi predecessori sul trono imperiale per una netta propensione alle arti, alla cultura e al commercio. I territori dell’Impero cinese (il più vasto del pianeta a suo tempo, il quinto della storia per estensione, 15 milioni di km² nel 1330) conobbero uno sviluppo economico abbastanza evidente. Noti sono i provvedimenti volti alla ricostruzione del Grande Canale Cinese, all’ampliamento della rete viaria e al restauro dei più importanti edifici pubblici. Altrettanto impattanti – nel bene come nel male – furono le decisioni in materia fiscale (l’introduzione della moneta cartacea), culturale (epoca d’oro dell’arte figurativa e letteraria Yuan) e religiosa (tolleranza universale, tranne per il taoismo).
Non a caso si parla di Pax Mongolica. La stessa che un mercante veneziano, non uno qualsiasi, seppe magistralmente interpretare, fare propria e raccontare all’Occidente assetato di conoscenza.