Almanacco del 17 marzo, anno 1989: avviene il crollo della torre civica di Pavia, monumento altomedievale e simbolo del comune lombardo. Mancano più o meno cinque minuti allo scoccare delle 9, è venerdì mattina e le persone circolano di fronte al Duomo. Improvvisamente, la torre che per secoli ha rappresentato un simbolo distintivo della città, si accartoccia rovinosamente su sé stessa, sgretolandosi come se la si fosse fatta saltare col tritolo. I presenti sono storditi, non capiscono. Ben presto la confusione lascia spazio alla tragedia.
Il crollo costa la vita a quattro persone: Adriana Uggetti, Barbara Cassani (di 18 e 17 anni); il 76enne Giulio Fontana, proprietario di un albergo; Pia Casella Comaschi, edicolante di 52 anni. A queste si aggiungono 15 feriti e tante, troppe domande. Prima di addentrarci nei risvolti giudiziari e mediatici dell’accaduto, è bene fare un accenno alla storia della torre civica di Pavia. Questa venne eretta tra XI e XII secolo, anche se alcuni la fanno risalire addirittura all’Alto Medioevo. La prima descrizione completa, accompagnata anche da uno schizzo, è però del 1300. L’autore è noto come Opicino de Canistris (l’Anonimo Ticinese).
I lavori per ultimare la struttura ebbero luogo tra 1583 e 1585. L’allora architetto Pellegrino Tibaldi fece aggiungere alla torre una cella campanaria, adatta ad ospitare le campane del vicino duomo (solo temporaneamente). Comunque, al termine del XVI secolo, la torre civica poteva contare su una salda pianta quadrangolare e su ben 78 metri d’altezza. Secondo la documentazione d’archivio, gli ultimi controlli di manutenzione risalirebbero al 1869. Da allora il vuoto più totale, anche se nel 1983 venne inoltrata dalla Soprintendenza un’improrogabile domanda di risanamento. A quanto pare tanto improrogabile non era.
Da lì si giunse velocemente al 17 marzo 1989, momento in cui l’incidente sconvolse l’animo cittadino pavese. Nessuno comunque riuscirà a dare una spiegazione al crollo di circa 8.000 metri cubi fra mattoni, sabbia e granito. Anzi, a testimonianza di una relativa tranquillità sulla tenuta dell’edificio, ci sarebbe stata la volontà dell’amministrazione comunale di aprire la torre al pubblico. Ciò qualche settimana prima del fatidico 17 marzo.
Nel 1994 l’onorevole Sgarbi presentò alla Camera dei Deputati una proposta di legge atta alla ricostruzione della torre civica di Pavia. Il progetto avrebbe avuto un costo di circa 10 miliardi di lire, ritenute eccessive dall’amministrazione. Inoltre alcune personalità del panorama culturale giudicarono un “falso storico” l’eventuale rinascita della struttura. Oggi rimangono esposte le vestigia della torre che fu, segnalate da una targa commemorativa.
Piccola curiosità prima di lasciarvi: da tempo immemore circolava in città una sorta di maledizione, cosiddetta di San Siro (Sante Sire). A pronunciarla fu un chierico in epoca medievale. Egli, arrabbiato come non mai con il clero cittadino per alcune ingiustizie subite, preannunciò la caduta della torre pavese più alta in un venerdì 17, senza specificare di quale mese o di quale anno. Il prete ci prese in pieno.