Almanacco del 16 febbraio, anno 1943: soldati del Regio esercito italiano, come rappresaglia di un’azione partigiana locale, massacrano oltre 150 civili greci nei pressi del villaggio di Domeniko, in Tessaglia, Grecia centrale. Soprannominata in seguito “strage di Domenikon”, l’efferata reazione fu uno dei crimini di guerra più gravi commessi dalle forze d’occupazione italiane in Grecia, paragonabile agli eccidi nazionalsocialisti per modalità e brutalità, ma rimasto a lungo nell’ombra della memoria storica.

Dall’aprile 1941 la Grecia sotto la triplice occupazione italiana, tedesca e bulgara, visse uno dei momenti più drammatici della sua storia recente. La vicenda fu segnata – così come altrove – dal perenne attrito fra resistenza partigiana e repressione dell’autorità militare. Durante il biennio 1942-43 particolarmente incisiva fu l’attività dell’ELAS (Esercito Popolare Greco di Liberazione), la quale intensificò i propri attacchi contro le forze occupanti dell’Asse. Il Regio esercito italiano, in tutta risposta, rafforzò la violenza della sua metodologia repressiva. Ciò portò l’esercito a macchiarsi di diversi – e ancora non del tutto chiariti – crimini di guerra, per lo più rimasti impuniti.

Uno di questi si verificò nei pressi del villaggio di Domeniko, in Tessaglia, Grecia centrale. La mattina del 16 febbraio 1943 un’azione partigiana a danno di un convoglio italiano comportò la morte di 9 uomini inquadrati nella Milizia volontaria (MVSN; questo l’articolo per l’approfondimento). Le Camicie nere risposero immediatamente, uccidendo 43 greci tra coinvolti e supposti complici.

La rappresaglia non si limitò a quello. Subito Cesare Benelli, generale della 24ª Divisione fanteria “Pinerolo”, implicata nell’imboscata partigiana, ordinò la distruzione del vicino villaggio. Si sarebbe proceduto col rastrellamento dell’intera popolazione maschile dai 14 agli 80 anni d’età e la perentoria deportazione nel campo concentrazionario di Larissa. La tappa finale del viaggio non sarebbe stata quella.

Passarono diverse ore dalla partenza dei furgoni militari carichi di civili quando il comandante della divisione “Pinerolo” rettificò l’ordine: non più l’internamento per i 97 civili, bensì la fucilazione sul posto. La colonna italiana si fermò nei pressi del villaggio di Damasi, i militari disposero a fila i civili e procedettero con la condanna. Scamparono alla morte solamente tre persone, ovvero il capo villaggio (collaborazionista) e due suoi parenti.

Storici italiani, ma anche stranieri, tra cui i colleghi greci, hanno cercato di far luce sulla strage di Domenikon. Quest’ultimo rientrò nel complesso dei massacri non isolati, ma sistematici, orchestrati dall’alto, compiuti in un’ottica di controllo estensivo delle masse. Ad esempio grazie ai lavori della professoressa Lidia Santarelli, del regista Giovanni Donfrancesco e ancora del giornalista Vincenzo Sinapi, si è riusciti a ricostruire una cronologia degli eventi in grado di dare un carattere di metodicità alle violente repressioni italiane. Neppure un mese dopo il massacro di Domenikon, altri 60 civili greci finirono sotto la raffica dei fucili italiani nel villaggio di Tsaritsani. Seguirono gli eccidi di Domokos, Farsala e Oxinià.

Ad avvalorare la tesi della repressione strutturale e organizzata posta in atto dagli italiani occupanti ci sono documenti firmati e contrassegnati dallo stesso regime. Era il 1943 quando il generale Carlo Geloso emanò una circolare pressoché lapalissiana. Il documento rivolto alle forze italiane d’occupazione (di cui Geloso era comandante in capo) era basato sul “principio della responsabilità collettiva”, secondo cui “per annientare il movimento partigiano vanno annientate le comunità locali“.