Almanacco del 15 ottobre, anno 533 d.C. Il generale romano Belisario entra vittorioso a Cartagine, caposaldo sino ad allora nelle mani dei Vandali. La guerra vandalica proseguirà per un altro anno circa e il suo esito permetterà allo stendando di Costantinopoli di sventolare alto sui territori dell’Africa settentrionale, Sardegna e Corsica.
La presa di Cartagine, verificatasi il 15 ottobre 533 d.C., era il risultato finale di una fulminea campagna pianificata dall’imperatore Giustiniano e dai suoi più stretti consiglieri militari, tra cui proprio Belisario. La guerra vandalica (533-534) era il primo passo verso un obiettivo di più ampia portata: la Restauratio Imperii, ossia il progetto espansionistico di Costantinopoli volto a riconquistare i territori occidentali persi dopo la caduta di Roma. Come detto, la prima fase del piano prevedeva la conquista dell’Africa settentrionale. Lì vi si erano insediati i Vandali nella prima metà del V secolo, costituendo un regno indipendente con capitale Cartagine (eccezion fatta per il quadriennio 435-439 in cui la capitale designata fu Ippona).
Nel Gran Palazzo di Costantinopoli si decise di affidare il comando delle operazioni al validissimo Belisario. Ciò per diversi motivi: anzitutto per le qualità tattico-strategiche dimostrate negli scenari di battaglia orientali, contro i persiani. Pesava come criterio di scelta il suo essere madrelingua latina (cosa non da poco in un territorio, come la costa settentrionale africana, in cui la lingua comunemente parlata non era il greco ma il latino) e il suo costante impegno a mantenere ferrea la disciplina tra i ranghi dell’esercito.
Date tali premesse, Belisario partì in pompa magna da Costantinopoli nell’estate del 533: direzione Caputvada (oggi Chabba, Tunisia), 240 km a sud di Cartagine. Secondo Procopio di Cesarea, biografo di Belisario coinvolto personalmente nella campagna nordafricana, l’esercito romano contava all’incirca 10.000 fanti e 5.000 cavalieri, più qualche centinaia di unità ausiliarie, soprattutto arcieri. Come da copione, l’esercito di Belisario avanzò verso nord non incontrando chissà quali ostacoli e mantenendo la disciplina così tanto richiesta. Su questo punto in particolare Procopio di Cesarea si sofferma in più di un’occasione, a voler sottolineare la saldezza dell’autorità del generale.
Ad aspettare l’arrivo dei romani non vi era il legittimo sovrano vandalo, Ilderico, ma l’usurpatore Gelimero, effettivamente al vertice del regno dal 530. Le forze di cui quest’ultimo disponeva non sono chiarissime. Si può affermare come, grossomodo, potesse contare su circa 30.000 uomini, per lo più cavalieri. Il problema di Gelimero – e al contempo il grande vantaggio per Belisario – era di natura strategica. Dopo anni e anni di rivolte interne al regno, l’autorità aveva deciso di far saltare le mura delle principali città ribelli, lasciando intatte solo quelle della capitale Cartagine. Si spiega così la rapida avanzata di Belisario, che sul tramonto del mese di settembre aveva preso senza colpo ferire le città di Thapsus, Leptis Parva, Hadrumetum, Grasse (dove si registrò una schermaglia con i difensori), e la penisola di Capo Bon.
La via per Cartagine era spianata, o almeno sembrava esserlo. Gelimero si decise ad affrontare Belisario in campo aperto, nei pressi di Ad Decimum. Farlo avrebbe significato rischiare il tutto per tutto, poiché le forze richieste per la battaglia avrebbero privato le mura di Cartagine di un’adeguata difesa. L’azzardo costò caro all’usurpatore, il quale perse la battaglia e così decretò la sconfitta dei Vandali. Cartagine si arrese a Belisario, ma quest’ultimo, temendo imboscate e sinistre intenzioni, attese per entrarvi. Lo fece infine il 15 ottobre del 533. Secondo le testimonianze romane la popolazione accolse le truppe imperiali con gioia e sollievo.
Gelimero poté ritenersi sconfitto, ma non si arrese. Arretrò a Bulla Regia e attese l’arrivo dei rinforzi provenienti dalla Sardegna. Quando li ottenne, provò a riconquistare Cartagine. Andò in scena la battaglia di Tricamarum (15 dicembre 533): una schiacciante vittoria romana costrinse il condottiero vandalo alla seconda ritirata dell’anno. Sarebbe stata l’ultima, visto che tra la primavera e l’estate del 534 comunicò la personale resa. Il Nord Africa, con Sardegna e Corsica, tornavano ad essere un dominio di Costantinopoli secondo la classica dicitura di “Prefettura del pretorio d’Africa“.