Almanacco del 15 luglio, anno 1877: il Parlamento del Regno d’Italia approva la legge n°3961, meglio nota come Legge Coppino, dal cognome del ministro proponente. È un decreto fondamentale per la storia dell’Italia contemporanea, in quanto contribuì alla diffusione della scolarizzazione presso le classi più povere. Vediamo perché.
Al momento dell’Unità, nel 1861, l’analfabetismo era assai diffuso, con una media nazionale del 78% che toccava punte del 90% in Sardegna, Sicilia e Calabria. Cifre ancora troppo alte per un Paese che voleva erigersi a grande potenza europea. Serviva dunque una decisa spinta statale verso l’acculturamento delle fasce di popolazione meno abbienti.
Una legislazione sulla scuola esisteva già. Si trattava della Legge Casati emanata nel vecchio regno di Sardegna sabaudo nel 1859 e poi estesa al resto del Regno nel 1861. Essa decretava l’obbligatorietà, la gratuità e l’uguaglianza fra maschi e femmine per i primi due anni di istruzione elementare. Non specificava però di quali pene fossero passibili i trasgressori di tale norma. La legge fu perciò in gran parte disattesa e i livelli di analfabetismo rimasero molto alti.
Si rese dunque necessaria una riforma. A tal proposito, il ministro della pubblica istruzione Michele Coppino intervenne con la sua proposta di legge, che fu approvata, appunto, il 15 luglio 1877. Essa manteneva la natura gratuita della scuola elementare, innalzando la frequenza obbligatoria fino alla terza elementare. La grossa differenza con la legge Casati era l’introduzione di sanzioni pecuniarie per i trasgressori. Esso costituiva quindi uno stimolo decisamente vigoroso.
Il carico fiscale del primo ciclo di istruzione rimase però a carico dei comuni. Soprattutto quelli più piccoli non riuscivano a sobbarcarsi le ingenti spese e questo ostacolò la diffusione capillare della scolarizzazione. In ogni caso, l’analfabetismo tese a ridursi negli anni successivi. In generale, la Legge Coppino si inserisce nel quadro di progressiva democratizzazione della società promosso dai governi della cosiddetta “Sinistra storica“, quella parte dello schieramento politico post risorgimentale più aperta a questioni sociali. Pochi anni dopo, nel 1882, prenderà luogo la riforma elettorale che allargherà il numero di cittadini con accesso al voto e che consentirà l’elezione primo deputato socialista.