Almanacco del 15 aprile, anno 1071: dopo un lungo assedio, durato tre anni, la città di Bari, ultimo dominio bizantino in territorio italiano, cade nelle mani dei Normanni guidati da Roberto il Guiscardo. Il 1071 per Costantinopoli è l’annus horribilis per antonomasia. Ad oriente, in agosto si materializza la disfatta presso Manzikert (Manzicerta se preferite) che decreta il dominio selgiuchide su gran parte dell’Asia minore. L’evento rappresentò una catastrofe per l’impero, e la storiografia nell’arco dei secoli si è impegnata per comprenderne le cause intrinseche, lo svolgimento dei fatti, le conseguenze immediate e non. La stessa storiografia convenzionale che in alcuni casi però ha lasciato in disparte, relegandola ad accaduto secondario, “l’altra grande perdita” romana: Bari e di conseguenza l’Italia.
La seconda metà dell’XI secolo vede il meridione italiano essere terreno di scontro, campo conteso per romani e normanni. Dal 1060 in poi si delineò la seguente situazione: solo poche città della costa pugliese si consideravano ancora fedeli a Costantinopoli, accettando il governo del catepano bizantino (ufficiale militare dalle ben più ampie prerogative rispetto allo strategos). Bari era tra queste, anzi, la città affacciata sull’Adriatico era la principale tra di esse. I condottieri normanni, sulle ali dell’entusiasmo, intendevano cancellare ogni traccia del dominio bizantino prima di riversare la propria attenzione sull’Emirato di Sicilia.
In virtù dei fatti esposti, comprendiamo bene l’importanza di Bari e il significato di una sua eventuale caduta per la legittimazione del potere normanno nel Sud Italia. Perciò Roberto il Guiscardo, senza perdere ulteriore tempo, pose l’assedio il 5 agosto 1068. Fin da subito nella capitale del Catepanato d’Italia si formarono due fazioni politiche, una ammiccante alle forze dell’Altavilla e l’altra strenuamente leale a Bisanzio. Quest’ultima prevalse, ordinando la serratura delle porte cittadine e l’invio di un’ambasceria nella seconda Roma. Ovviamente si chiedevano viveri e scorte d’ogni tipo, oltre al vitale supporto logistico e militare. Tutto ciò – e questo è necessario dirlo – rifiutando le iniziali negoziazioni proposte dal Guiscardo.
Sul trono costantinopolitano sedeva, non proprio saldamente, Romano IV Diogene. Il basileus acconsentì all’invio di una flotta composta di 20 navi, alcune delle quali cariche di grano. Bari e i baresi riuscirono coraggiosamente a respingere ogni assalto normanno, forzando con successo il blocco portuale voluto dai generali avversari. La flotta romana giunse nei primi mesi del 1069, permettendo lo sbarco di un numero significativo di truppe. Per loro sfortuna, si scontrarono con i guerrieri normanni in campo aperto, uscendone sconfitti. Gravina e Obbiano (Uggiano la Chiesa) caddero nelle mani degli assedianti. Nel frattempo il Terror Mundi si diresse verso Brindisi nel gennaio del 1070, restandovi fino alla capitolazione in autunno del medesimo anno. Restava solo Bari, ancora in piedi, ma in estrema difficoltà.
L’assedio, oramai realtà quotidiana da più di due anni, stava decimando la popolazione. Fame, malattie e degrado costrinsero il catepano Avartutele (sotto massima pressione) a rivolgersi nei primi del 1071 all’imperatore. Il governatore chiedeva prima di tutto del grano, ma anche un altro esercito non avrebbe guastato in fin dei conti. Il grano in effetti arrivò, ma gli uomini a disposizione del basileus erano veramente pochi (ricordate la minaccia selgiuchide?) e quelli che c’erano mostravano un timore riverenziale nei confronti dei normanni, sempre vittoriosi sul campo di battaglia e apparentemente infermabili.
Tra febbraio e marzo la situazione si fece insostenibile. Stefano Paterano fu nominato nuovo catepano; egli si rese conto della gravità del momento. Con lucidità, Paterano avviò i negoziati con il Guiscardo, i quali si conclusero durante la seconda settimana d’aprile. Una stremata Bari si arrese, ma venne trattata dai vincitori con estremo riguardo. Il 15 aprile 1071 decadde l’ultimo stendardo della dominazione bizantina in Italia, restaurata 536 anni prima da Giustiniano. Si può affermare come in quell’anno tramontò definitivamente la sovranità dell’Impero romano su territorio italico.