Almanacco del 14 aprile, anno 1865: avviene l’attentato ai danni di Abraham Lincoln. Nato nella piccola e pacifica Hodgenville, il 12 febbraio del 1809, il sedicesimo presidente degli USA fu uno dei pilastri della giovane storia americana. La sua vita fu ricca e significativa, la sua morte inaspettata e improvvisa. Proviamo a ripercorrerla insieme brevemente.
La vicenda di Lincoln richiama alla mente una delle tante storie di quelle persone che splendono di luce propria e che da sé l’hanno generata. Nelle povere campagne del Kentucky, visse l’infanzia in condizioni pessime, soprattutto economicamente parlando. Studiò quindi da autodidatta e divenne un avvocato nell’Illinois. Ma la sua carriera non era solo quella, sapeva che poteva ambire a qualcosa di più.
Divenne subito un membro eminente del Partito Whig, quello che è confluito nel moderno Great Old Party (GOP), o Partito Repubblicano. Sentiva che la sua vocazione interiore era quella, e la seguì nel migliore dei modi possibili. Per non dilungarci eccessivamente sulla sua scalata, senza suppore la poca importanza della stessa, sottolineiamo solamente che arrivò ai vertici degli USA, divenendo, come detto in apertura, il sedicesimo Presidente degli States.
Passiamo allora a quel fatidico 14 aprile 1805. Insieme alla sua famiglia, si trovava al Ford’s Theatre di Washington, e senza alcuna guardia armata, elemento non secondario nella fine della vicenda. Sul palco andava in scena la commedia musicale del regista Tom Taylor, Our American Cousin, di cui Abraham Lincoln non vedrà mai il finale. A dire il vero, non vide probabilmente nemmeno l’inizio della stessa.
Non appena prese posto sul seggio presidenziale (nell’immagine di cui sotto), John Wilkes Booth, un simpatizzante dei sudisti che di mestiere faceva l’attore in Virginia, sparò il colpo mortale. La sua calibro 44 colpì la testa del presidente, che morì ore dopo l’accaduto, all’alba del 15 aprile. Celebre è la frase pronunciata in quel momento dal killer, sulla quale si hanno però non pochi dubbi. Alcuni ritengono sia solo un romanzamento della storia evenemenziale dell’omicidio presidenziale.
Secondo alcuni però Booth disse, subito dopo aver sparato, “Sic semper Tyrranis“, la frase che la tradizione attribuisce a Bruto nel momento dell’omicidio di Cesare. Tradotta letteralmente significa “Sia sempre così per i tiranni“, che è anche il motto della Virginia, terra d’origine di Booth. Tra storia pura ed elementi di fantasia, ciò che resta certa è la vicenda dell’omicidio presidenziale più famoso della storia, insieme a quello di Kennedy.