Almanacco del 13 novembre, anno 1989: a pochi giorni dalla caduta del Muro di Berlino, il Ministro per la sicurezza dello stato, uno dei padri fondatori della Stasi nonché figura apicale della DDR, Erich Mielke, pronuncia per la prima volta un discorso alla Camera del Popolo. Le parole utilizzate per l’occasione, slegate e a tratti prive di un reale senso logico, faranno il giro del mondo. Divennero uno slogan per la platea di oppositori avversi ad un sistema ormai decaduto e superato.
Chi fu e cosa rappresentò Erich Mielke per la DDR è argomento a noi già noto (questo l’articolo di riferimento, consigliato per un esaustivo e completo approfondimento). Per non tralasciare nulla, tuttavia mi soffermerò brevemente sulla biografia dell’uomo che forse più di tutti incarnò gli ideali distorti e, da un certo momento in poi, anacronistici della Repubblica Democratica Tedesca.
Nato nel 1907 a Wedding, quartiere proletario di Berlino, Mielke si affermò come uno dei più ambiziosi membri di seconda generazione del Partito Comunista di Germania. In giovinezza, negli anni ’30, fuggì da esiliato in Unione Sovietica dove si associò all’NKVD. Fu una delle figure chiave nella decimazione dei numerosi rifugiati comunisti tedeschi di Mosca durante le grandi purghe staliniane. Partecipò alla guerra civile spagnola distinguendosi tra le fila della Brigata Internazionale. Negli anni della Seconda guerra mondiale lavorò in Francia come operaio edile per una ditta formalmente legata al nazionalsocialismo tedesco. Grazie a questa posizione superò indenne il conflitto. Tornò successivamente a Berlino. Nella capitale occupata dagli Alleati, Mielke si presentò al suo partito e assunse immediatamente la carica di capo della stazione di polizia di Berlino-Lichtenberg, in quella che allora era la zona di occupazione sovietica.
Con la fondazione del MfS (abbreviazione di Ministerium für Staatssicherheit, comunemente nota come Stasi) nel febbraio 1950, Mielke divenne vice capo con il grado di Segretario di Stato. Nel novembre 1957, assunse la carica di ministro dal suo predecessore Ernst Wollweber. La Stasi sotto la direzione di Mielke raggiunse livelli maniacali, per non dire paranoici, di controllo totale e pervasivo sulla cittadinanza. Sul territorio della DDR operavano per conto del Ministero per la sicurezza dello Stato all’incirca 85.000 spie a tempo pieno. Oltre a questi si contino 170.000 informatori volontari (su una popolazione che non superò mai i 17 milioni di abitanti).
Dopo questa concisa disamina biografica, tocchiamo l’argomento odierno: ciò che accadde il 13 novembre del 1989 nella Camera del Popolo di Berlino è ancora oggi impresso nella memoria dei tedeschi. Il perché sarà presto intuibile. Il 7 novembre Erich Mielke si dimise dalla direzione della Stasi, due giorni dopo il Muro sarebbe crollato. Privo di cariche ma nelle vesti di semplice deputato, il compagno Mielke fece la sua prima ed unica apparizione al parlamento della DDR. Nominalmente esso doveva rappresentare il massimo organo costituzionale del paese, nei fatti però a detenere il vero potere fu il SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, ossia Partito Socialista Unificato di Germania).
Di quel giorno e di quel disastroso – e per questo memorabile – discorso si sono conservate molteplici registrazioni. In una Camera del Popolo gremita e mormorante, all’interno del vetrato Palazzo della Repubblica, Erich Mielke prese parola. Il suo intento probabilmente fu quello di “giustificare” l’operato della Stasi e del SED, la loro “buona fede” dinnanzi agli improrogabili impegni del socialismo. Insomma, l’ex uomo forte della Germania Est voleva lasciare un buon ricordo della sua persona e di ciò che aveva rappresentato all’indomani del tracollo. Purtroppo per lui non solo fallì nell’impresa, ma lo fece fragorosamente.
Sbagliando verbi, ripetendo concetti astrusi, balbettando in modo sconclusionato, un vecchio Mielke, all’epoca 82enne, fece una figura a dir poco barbina. Nel discorso egli non mancò mai di riferirsi ai presenti con il termine “compagni”. Allorché il deputato della CDU (Unione cristiano-democratica, di centrodestra) Dietmar Czok interruppe il poco lucido Mielke rettificando come nell’aula non fossero esattamente tutti “compagni”. L’ex alto papavero della Stasi in pieno spirito riconciliare disse allora: “Amo… Amo tutti… Tutti gli uomini… Ebbene, amo… Mi impegno in questo”.
Seguirono secondi di sincere e spontanee risate. Quell’uomo, quel singolo uomo, che per anni aveva tenuto sotto stretta osservazione qualunque individuo vivesse entro i confini della Germania Est, diceva di amare tutte le persone in egual modo. Riuscite a cogliere il beffardo umorismo dell’espressione? C’è da dire una cosa però. Sì, è vero, Erich Mielke quel 13 novembre 1989 divenne il capro espiatorio per tutti i mali commessi dal socialismo in Germania. Eppure non fecero una più bella figura i 447 deputati che fino al giorno precedente giuravano fedeltà ai valori della DDR. Gli stessi deputati che ridendo di quell’anziano mentecatto speravano di apparire come “uomini puliti”, mai collusi e dunque legittimi prosecutori dell’esperienza democratica.