Almanacco del 13 marzo, anno 1861: dopo quasi due settimane di assedio, le truppe borboniche issano bandiera bianca sulla Reale Cittadella di Messina. Cade in mano sardo-piemontese l’ultimo baluardo dei Borbone in Sicilia. La resistenza dell’esercito borbonico sull’isola è definitivamente spezzata. Un altro passo verso l’unificazione è compiuto.

A seguito della capitolazione di Gaeta del 13 febbraio 1861 – ultimo rilevante fatto d’armi nel contesto della campagna piemontese in Italia centrale del 1860 – il ministro della guerra borbonico Giuseppe Salvatore Pianell diede ordine all’esercito schierato nel Mezzogiorno di arrendersi agli invasori. Alcuni contingenti armati però contravvennero alla direttiva e opposero resistenza. Questo fu il caso dei borbonici a Messina.

Più di 4.000 uomini del decadente esercito del Regno delle Due Sicilie sotto il comando del generale Gennaro Fergola decisero di asserragliarsi nella Reale Cittadella di Messina. Fergola ottenne il comando dopo che il generale napoletano Tommaso Clary si rifiutò di eseguire l’ordine di Pianell di ritirarsi con le sue truppe da Messina. Fergola non avrebbe agito diversamente dal suo predecessore.
Il 14 febbraio sopraggiunse la richiesta di resa da parte sabauda, alla quale i borbonici risposero con un netto rifiuto. Così nel primo giorno di marzo il generale Enrico Cialdini, al comando di 2.500 uomini, pose d’assedio la fortificazione. La disparità qualitativa tra gli equipaggiamenti e le armi in dotazione nei due eserciti fece la differenza.

Gli assediati disponevano di 150 cannoni circa, molti dei quali “vantavano” quasi un secolo di vita. Al contrario l’esercito sardo-piemontese dispose sul campo 43 cannoni moderni, maggiormente efficaci. Il bombardamento via mare si associò presto a quello terrestre, grazie ad alcune imbarcazioni al largo della cittadella.

La sera del 12 marzo Fergola scrisse di proprio pugno una lettera in cui ammetteva la sconfitta. Il giorno successivo, precisamente alle 7:00 del 13 marzo, l’ultimo bastione della difesa borbonica in Sicilia alzò bandiera bianca. L’esercito piemontese non concesse l’onore delle armi ai nemici, vista la loro inutile resistenza ad oltranza. Gli stendardi di guerra richiesti a Torino come bottino vennero prontamente dati alle fiamme dagli uomini di Fergola ormai vinti.

Tutti i sopravvissuti vennero tratti in arresto dall’esercito sabaudo. Dal suo esilio romano, re Francesco II di Borbone-Due Sicilie concesse ai vinti di Messina una medaglia d’argento al valore dimostrato.