Almanacco del 12 luglio, anno 1191: nell’ambito della Terza Crociata, le truppe del Saladino arroccate dietro le mura di San Giovanni d’Acri si arrendono dopo due anni d’assedio. Sotto la guida congiunta di Riccardo Cuor di Leone e Filippo II Augusto i cristiani ottengono finalmente le chiavi della città.
Quattro anni prima del 12 luglio 1191, Ṣalāḥ al-Dīn Yūsuf ibn Ayyūb – Saladino per gli amici – aveva conquistato in rapida successione Acri, diversi porti strategici sulla costa levantina e, ciliegina sulla torta, Gerusalemme (2 ottobre 1187). Ai Crociati rimanevano Tiro, Tripoli ed Antiochia. Da lì sarebbe partita la riscossa cristiana, proclamata in pompa magna da Papa Gregorio VIII. La Terza Crociata, la più “nobile” fra tutte vista la partecipazione delle maggiori teste coronate d’Europa, prendeva così avvio.
Massima priorità aveva la riconquista di San Giovanni d’Acri. Impresa che venne affidata al francese Guido di Lusignano il quale già nell’agosto del 1189 tentava, invano, un attacco a sorpresa. Fallita l’improvvisa sortita via terra, Guido montò l’accampamento fuori le mura della città, in attesa che il suo esercito divenisse man mano più folto e rifornito. Il vettovagliamento era garantito da una flotta nordica (che aveva rimpiazzato quella siciliana). Quest’ultima trasportò anche i rinforzi francesi, fiamminghi, tedeschi e italiani promessi al comandante crociato. In supporto giunsero anche delle unità da Tiro, per volontà di Corrado del Monferrato. Non appena il Saladino seppe di questi sviluppi, organizzò un contrattacco verso il campo crociato; esso venne respinto con enormi perdite. I circa 7.000 fanti e i 400 cavalieri cristiani tennero botta, scacciando faticosamente il composito esercito musulmano.
Da quello scontro Saladino trasse le opportune considerazioni. Conveniva chiudersi entro le mura della città, cercando di forzare il blocco cristiano sul mare così da creare una linea di rifornimento. Fu esattamente ciò che accadde nell’autunno di quell’anno. Per tutta la prima metà del 1190 si susseguirono una serie di fallimentari assedi crociati e di inconcludenti battaglie campali volute dai generali musulmani per allentare la pressione sul perimetro di Acri. Intanto truppe fresche arrivavano da ogni parte del Vecchio Continente nel campo allestito da Guido di Lusignano. Neppure la spiacevole notizia della morte per annegamento del Barbarossa scosse l’animo degli assedianti.
Due furono gli eventi che segnarono in modo indelebile il destino di San Giovanni d’Acri nei primi mesi del 1191. In primis la rottura dell’accerchiamento cristiano da parte di un nuovo contingente musulmano, guidato personalmente dal Saladino all’interno della città. Esso avrebbe rimpiazzato la vecchia guarnigione, stremata da mesi difficili. Il secondo evento, se vogliamo, fu ancor più destabilizzante. Non solo il Saladino non era riuscito a schiacciare la forza crociata rimanente, ma doveva far fronte all’immediato arrivo dei due re cristiani in Terra Santa, Riccardo I d’Inghilterra e Filippo II di Francia. Banale sottolinearlo, ma i due sovrani contavano ognuno su un nutrito seguito armato. Filippo arrivò in aprile, mentre Cuor di Leone tardò l’approdo al porto d’Acri di qualche settimana. Sapete com’è, c’era Cipro di mezzo…
Forti delle nuove truppe anglo-francesi, i crociati misero a segno importanti colpi. Già nei primi di luglio le macchine d’assedio causarono ingenti danni alle mura della città. Con molta difficoltà gli ingegneri musulmani ripararono le crepe. Tuttavia queste si moltiplicarono fin quando lo sforzo non risultò insufficiente. L’11 luglio ebbe luogo la battaglia finale, l’esito della quale costrinse gli assediati ad arrendersi il giorno dopo, il 12 luglio. Saladino accettò di trattare la resa, ma a due condizioni: non avrebbe partecipato personalmente alle trattative e non avrebbe discusso con nessuno se non con Corrado del Monferrato, che fu richiamato appositamente da Tiro.
I crociati entrarono in città, imprigionando l’intera guarnigione musulmana. Corrado fece issare su San Giovanni d’Acri i gonfaloni dei regni di Gerusalemme, Francia, Inghilterra ed Austria (anche se il vessillo austriaco venne subito dopo strappato e gettato nel fosso a causa di un litigio con Leopoldo d’Austria, il quale voleva essere equiparato – per onori e trattamento – ai sovrani ivi presenti). Disguidi nelle trattative per la reciproca restituzione dei prigionieri di guerra portarono ad un triste risvolto. Riccardo Cuor di Leone, diffidente nei confronti del Saladino, ordinò l’esecuzione dei 2.700 musulmani catturati. Un irritato Saladino rispose con la stessa pillola, uccidendo i comandanti crociati fatti prigionieri nei mesi passati e non pagando gli indennizzi di guerra richiesti.
Dì lì a poco si concluse l’esperienza della Terza Crociata, tutto sommato positiva per i cristiani. Il Regno di Gerusalemme, con San Giovanni d’Acri capitale, poteva dirsi relativamente sicuro. Mentre per la presa vera e propria di Gerusalemme bisognerà attendere il genio dello Stupor Mundi, il quale, con fare pragmatico, riuscirà in un’impresa fino ad allora conseguita solo a fronte di perdite insostenibili.