Almanacco del 12 aprile, anno 1334: l’Arte della Lana, nominata dalla Repubblica Fiorentina sovrintendente dei lavori per la costruzione del Duomo cittadino, si affida a sua volta all’estro artistico ed architettonico di Giotto per la realizzazione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. L’illustre nome di Giotto, se accostato alla magnifica basilica fiorentina, riconduce inevitabilmente al sontuoso campanile, che da lui prende il nome. Eppure in pochi sanno che quell’opera doveva far parte in realtà di un più vasto ed articolato progetto, iniziato per l’appunto il 12 aprile 1334 e tuttavia stroncato dalla morte stessa, sopraggiunta per il genio di Vicchio 3 anni dopo, nel ’37.
La Basilica Cattedrale di Santa Marie del Fiore non sorgeva dal nulla. Essa raccoglieva l’eredità spirituale e fondamentale (il termine è da cogliere nella sua originaria accezione) della più modesta Chiesa di Santa Reparata. Al termine del XIII secolo, il governo cittadino ordinò la costruzione di una nuovo edificio ecclesiastico, degno della città più ricca del mondo. Il ragionamento veniva applicato altresì a strutture civili, le quali dovevano riflettere il benessere e la ricchezza di Firenze.
Durante i primi decenni del Trecento, la città consegnò le chiavi della propria metamorfosi edilizia al talentuoso architetto Arnolfo di Cambio. Quest’ultimo mise mano, quasi contemporaneamente, ai progetti della Basilica di Santa Croce, del Palazzo dei Priori e delle nuove mura. Un comune che con così tanta velocità stava mutando pelle, trasformandosi in quella perla che ancora oggi il mondo ci invidia, non poteva di certo accettare la condizione di modestia in cui versava la Cattedrale di Santa Reparata. Giovanni Villani, storico e cronista fiorentino, diceva come la chiesa fosse “piccola a comparazione di siffatta cittade“. Nessuno avrebbe osato dargli torto.
Perciò Arnolfo di Cambio diede avvio al cantiere, ma per beghe burocratiche, intoppi amministrativi e discordanza tra i progetti, i seguenti trent’anni trascorsero all’insegna dell’incostanza. Come si è detto inizialmente, morto Arnolfo di Cambio, l’Arte della Lana riversò le proprie attenzioni a Giotto e al suo assistito Andrea Pisano. Il duo si concentrò non tanto sul corpo basilicale, forte di una salda progettazione, bensì su un nuovo cantiere: il campanile.
L’oramai capomastro prese una decisione alquanto singolare, che avrebbe donato al campanile un aspetto principesco: rivestimento esterno ed edificazione sarebbero andati avanti di pari passo. La scelta, in termini di tempistiche, era dissanguante, ma Giotto era conscio dello splendore emanato dal campanile a lavoro ultimato. Su carta l’artista disegnò la giusta apposizione dei marmi. Oltre a ciò si dedicò alla realizzazione delle formelle esagonali che avrebbero composto il ciclo figurativo sulla creazione dell’uomo e sul suo posto nell’universo secondo la visione cristiana. Come si è detto pocanzi, tutto ciò rimase su carta…
L’8 gennaio 1337 morì, lasciando l’onere e l’onore dei lavori a Pisano. Quest’ultimo neppure avrebbe completato il campanile, a causa della micidiale peste che non risparmiò Firenze. Il comune organizzò i funerali di Giotto e lo fece seppellire in quella Santa Reparata che di lì a poco (relativamente poco) si sarebbe chiamata Santa Maria del Fiore (1412).