Storia Che Passione
Accadde oggi: 11 aprile

Accadde oggi: 11 aprile

Almanacco dell’11 aprile, anno 2002: un colpo di stato militare depone temporaneamente il presidente venezuelano Hugo Chávez. Sebbene il golpe e il governo nel frattempo instauratosi ebbero vita breve, gli eventi dell’11 aprile 2002 scossero in modo drammatico l’America Latina. Più nello specifico turbarono il Venezuela, paese storicamente contraddistinto da profonde spaccature politiche e sociali. Il controverso colpo di stato del 2002 riuscì nell’intento di destabilizzare ancor di più una nazione già di per sé polarizzata.

Accadde oggi: 11 aprile

Ottenuta la presidenza nel 1998, l’ex tenente colonnello Hugo Chávez diede immediatamente seguito ad una delle sue più eclatanti promesse elettorali: riconfigurare la struttura costituzionale venezuelana. Col referendum popolare del ’99 sottopose a modifica la Carta Costituzionale e secondo i termini della stessa, a partire dal 2000, iniziò il suo mandato sessennale come 61° Presidente del Venezuela.

Seguendo i precetti populisti, antimperialisti e accentratori del neo-bolivarismo, Chávez attuò una serie di riforme radicali. Ad esempio rafforzò i privilegi presidenziali, allargandone lo spettro operativo; incrementò la ridistribuzione della ricchezza con imponenti riforme agrarie e sociali, le quali tuttavia sortirono un duplice e controverso effetto (da una parte aiutò i ceti più vulnerabili, ma dall’altro lato favorì un sistema di clientelismo per i membri di partito affini); decretò un maggiore controllo governativo sulla PDVSA, ossia la principale compagnia petrolifera venezuelana. In aggiunta, forte di un certo sostegno popolare, contribuì a polarizzare la società venezuelana, fomentando lo scontro tra i diversi strati sociali. Ciò diede vita ad una retorica disgregatrice che contrappose il Chavismo alla classe media venezuelana, ad alcuni apparati militari apicali, ai media indipendenti, ai sindacati e alla Chiesa cattolica.

11 aprile Chavez e capitano americano

Forze che rapidamente si coalizzarono per sovvertire un ordine a loro antipatico. Da parte di quest’ultime si levarono all’inizio del 2002 voci di dissenso politico, incentrate sulla deriva autoritaria di Chávez. Nel mentre la popolarità del leader venezuelano scendeva, attestandosi sulla soglia del 30% dei consensi. Ufficiali dell’esercito (anche se non all’unisono) dal canto loro protestarono per un progressivo avvicinamento del presidente alle istanze delle formazioni paramilitari a lui fedeli. Ne iniziarono a chiedere le dimissioni e le piazze delle principali città venezuelane si accodarono. Scoppiarono disordini ovunque, tra manifestazioni e contro-manifestazioni il tasso di violenza crebbe in poche settimane.

Tra il 7 aprile – giorno in cui il governo fece licenziare il presidente della PDSVA e gran parte del consiglio d’amministrazione – e il 9 aprile – momento in cui le forze d’opposizione indissero un enorme sciopero generale – la situazione si fece incandescente. Lo sciopero paralizzò il paese ed esasperò la divisione socio-politica. L’11 aprile 2002 un milione di persone sfilarono per le strade di Caracas. Il corteo d’opposizione inizialmente si mosse con intenti pacifici, volendo marciare fino alla sede della Fedecámaras (confederazione degli imprenditori). Invece di arrivare a destinazione, il corteo cambiò programma e si diresse verso il Palazzo Miraflores, sede presidenziale difesa dai sostenitori di Hugo Chávez.

Le due parti giunsero allo scontro. Si contarono feriti ma soprattutto morti, 19 per l’esattezza. Il presidente ordinò l’attuazione del Plan Ávila, un piano emergenziale di difesa del palazzo governativo e della persona del presidente. Non era una novità. Anni prima, precisamente nel 1989, il Plan Ávila aveva causato la morte di centinaia di civili (evento passato alla storia come Caracazo) e un’onta che l’esercito non volle sperimentare di nuovo. Così l’alto comando militare si rifiutò di agire secondo gli ordini e anzi chiesero le dimissioni di Chávez. Quest’ultimo a sua volta declinò. I militari dunque lo arrestarono, ufficializzando il colpo di stato.

11 aprile 2002 colpo di stato

Essi instaurarono il giorno seguente un governo provvisorio, retto da Pedro Carmona Estanga, presidente della Fedecámaras. Il presidente ad interim sciolse l’Assemblea Nazionale e la Corte Suprema. Inoltre invalidò la Costituzione chavista del 1999, promise il ritorno al sistema parlamentare bicamerale, annunciò le elezioni parlamentari entro dicembre e successivamente quelle presidenziali, per le quali non si sarebbe candidato.

Lo stravolgimento repentino però non piacque praticamente a nessuno. Fu ovviamente avversato dagli schieramenti filo-chavisti, ma non andò a genio neanche a vaste frange dell’opposizione, che giudicarono troppo veloci e confuse le disposizioni del nuovo governo. Passate da poco le 48 ore dal colpo di stato, la giunta golpista crollò su se stessa. Lo sdegno popolare fu tale da costringere Carmona alle dimissioni. La guardia presidenziale a quel punto liberò Chávez e ne restaurò il potere.

11 aprile giunta militare

Le conseguenze del fallito golpe dell’11 aprile 2002 si palesarono in un lampo. Anzitutto il Chavismo si radicalizzò; avendo conosciuto la sovversione (si dice orchestrata – o comunque avallata – dalla CIA), il presidente del Venezuela allungò la pesante mano dello Stato su esercito, sindacati, industrie e magistrature. La società venezuelana non si è mai ripresa da quel colpo di stato, risultando ancora oggi spaccata in blocchi contrapposti nonostante Chávez sia morto nel 2013, anche se il Chavismo continua a vivere nel delfino Maduro. Infine bisogna registrare il netto calo della credibilità internazionale dell’opposizione venezuelana, accusata di aver tentato un golpe incostituzionale. Ciò contribuì a rafforzare la narrativa chavista del cosiddetto “assedio permanente“, giustificatore di molte future politiche di stampo autoritario.