Almanacco del 10 settembre, anno 1622: il missionario gesuita Carlo Spinola viene arso vivo nella città di Nagasaki, in Giappone, durante la persecuzione dei cristiani voluta dagli shōgun Tokugawa. Il martirio dello Spinola è certamente uno dei più noti nel Sol Levante, ma fu solo uno dei tanti che dal 1614, e per altri due secoli e mezzo, ebbero luogo.
Membro di un’importante famiglia patrizia di Genova, Carlo Spinola nacque nel 1564 (non è chiaro se nei territori della Repubblica di Genova o nella città di Praga). Figlio di Ottavio Spinola dei conti di Tassarolo, Carlo trascorse la giovinezza assieme allo zio Filippo, vescovo di Nola. All’età di 20 anni, dunque nel 1584, viene a conoscenza della vicenda di Rodolfo Acquaviva, gesuita martirizzato in India un anno prima. L’accaduto lo scuote profondamente e lo spinge a prendere i voti. Entra nella Compagnia di Gesù e, dopo il periodo di noviziato tra Napoli e Lecce, diventa sacerdote.
Con l’Acquaviva lo Spinola condivideva l’intraprendenza missionaria. In barba agli avvertimenti della famiglia, Carlo riuscì ad ottenere il permesso dalla Santa Sede per recarsi in missione in Giappone. Da neppure mezzo secolo i gesuiti avevano stabilito sull’arcipelago orientale una loro importante base operativa. Grazie principalmente all’azione dell’evangelizzatore Alessandro Valignano e alla tenacia dei primi missionari, la comunità cristiana crebbe esponenzialmente in Giappone. Al tramonto del XVI secolo essa contava non meno di 200.000 seguaci.
Questo il contesto generale nel momento in cui Carlo Spinola intraprese il viaggio verso l’estremo Oriente. Per sua sfortuna una tempesta fece naufragare la nave su cui viaggiava. Finì così in Brasile, dove gli inglesi lo fecero prigioniero, rispedendolo a Londra. Dalla capitale del regno elisabettiano tornò a Lisbona da uomo libero. Partì nuovamente, sfidando una sorte che pareva essersi accanita contro di lui. La seconda traversata fu altrettanto tormentata. Lo Spinola si ammalò gravemente e le imbarcazioni che dovevano condurlo in Giappone finirono nuovamente nel bel mezzo di una tempesta. Toccò i porti di Goa e Macao ma alla fine giunse a Nagasaki, nel 1602.
Fino al 1613 operò instancabilmente nelle regioni di Arie e Meaco. Secondo i diari da lui redatti, istituì diverse scuole catechiste e convertì all’incirca 5.000 locali. Tuttavia la situazione per i cristiani cattolici si apprestava a divenire sempre più ostica. All’iniziale tolleranza di Tokugawa Ieyasu fece seguito un’esplicita avversione nei confronti dei gesuiti e in generale nei confronti dei cattolici. Ricordo come nel primo quarto del Seicento era in progressiva ascesa la comunità protestante olandese, interessata a porre in cattiva luce la controparte portoghese e dunque cattolica.
Durante il triennio 1611-1614 Carlo Spinola ottenne prima l’incarico di procuratore provinciale, poi salì di grado divenendo vicario provinciale. Ultimi momenti di legalità prima del 27 gennaio 1614. In questa data lo shōgunato vietò per decreto la professione del cattolicesimo e procedette con l’espulsione di tutti i missionari gesuiti. La persecuzione andava ad interessare una comunità di 300.000 persone, la maggior parte delle quali divennero kakure kirishitan (“cristiani nascosti”). Dopo la serrata Carlo Spinola si diede alla macchia, cambiando spesso nome e domicilio. Agendo illegalmente, per quattro anni professò, confessò ed insegnò i precetti del cattolicesimo. Nel 1618 venne arrestato su segnalazione assieme ai compagni.
Imprigionato a Suzuta, trascorse quattro lunghi anni tra stenti e privazioni. Nonostante la durissima condizione, non mancò mai di essere confortevole. Nella tarda estate del 1622 il governatore locale ordinò il trasferimento di Carlo Spinola ed altri catechisti nella città di Nagasaki. Fu l’ultimo viaggio dell’irriducibile missionario gesuita. Il 10 settembre 1622 lui ed altre 22 persone finirono sul rogo, dove vennero arsi fino al sopraggiungere della morte. Altri 30 perseguitati andarono incontro alla decapitazione.
Nel luglio del 1867 papa Pio IX beatificò Carlo Spinola. La Chiesa Cattolica lo venera come beato e lo festeggia il 10 settembre di ogni anno.