Almanacco del 1° ottobre, anno 1532: viene pubblicata la terza e definitiva edizione dell’Orlando furioso a Ferrara presso l’editore Francesco Rosso da Valenza. Si tratta di un poema cavalleresco che riprende il ciclo carolingio e ruota attorno al personaggio di Orlando da cui l’opera prende proprio il nome. Il poema aveva un chiaro intento encomiastico e celebrativo delle origini di casa d’Este: i capostipiti sarebbero Ruggero e Bradamante.
Il poema cavalleresco di Ludovico Ariosto si compone di quarantasei canti in ottave. Caratteristica dell’opera è il continuo intrecciarsi delle vicende che vedono protagonisti non solo Orlando ma Angelica, Ruggero, Bradamante, Medoro e molti altri. Angelica scappa dai suoi molteplici spasimanti tra cui proprio Orlando di cui è annunciata la follia.
A fare da “cornice” alla vicenda amorosa vi è la linea epica che affronta l’ancestrale scontro tra cristiani e saraceni musulmani la quale si conclude con la vittoria dei primi. La stratificazione dell’opera risulta in una sapiente tessitura di trame.
La storia della letteratura italiana ed europea ricorda Ludovico Ariosto come uno dei più celebri autori del Rinascimento. Governò di certo la scena del Rinascimento ferrarese. La famiglia di Ludovico apparteneva alla nobiltà reggiana, trasferirsi dopo la sua nascita a Ferrara. Proprio in quella città approfondì i rapporti con il cardinale Pietro Bembo scrittore e grammatico, e nel 1498 entrò a far parte della corte di Ercole I d’Este.
Successivamente entrato a servizio del cardinale Ippolito d’Este iniziò a comporre alcune delle sue prime opere che gli valsero notorietà. Dopo un periodo trascorso a Roma invece fece ritorno a Ferrara, qui vide la luce la prima e incompleta edizione in quaranta canti dell’Orlando furioso. Nuovamente a Ferrara nel 1525 l’Ariosto vide ristampare senza il suo consenso la seconda edizione della sua opera, ormai divenuta famosa in tutta la penisola.
L’Ariosto decise allora di avviare una revisione dell’opera che portò a un suo ampliamento. Tutto mentre continuava la sua attività di funzionario di scrittore e commediografo. La revisione dei fogli fu faticosa e lo costrinse a un andirivieni dalla sua casa a quella del tipografo Franco Rosso, contribuendo a un peggioramento della sua salute. Il suo stato di salute peggiorò progressivamente e l’enterite lo costrinse a letto verso la fine del 1532. La morte lo colse il 6 luglio del 1533, ma le sue opero lo consacrarono alla grandezza.