Tra le mille e più cose che il mondo invidia alla splendida Sardegna, ne abbiamo trovata un’altra, che noi in primis non conoscevamo prima di approfondire l’argomento. Si tratta del bisso, ovvero un tessuto di inestimabile valore (e l’aggettivo, per quanto possa sembrare esagerato, calza a pennello…) ricavato da molluschi bivalvi marini, endemici nel Mediterraneo e, come se non fosse abbastanza, a rischio estinzione.
L’arte del bisso, per quanto sia antichissima, oggi sta scomparendo. La sua essenza sopravvive grazie alla tenacia di una donna sarda originaria di Sant’Antioco, Chiara Vigo, da molti definita come “l’ultima tessitrice della seta di mare”. Questa fibra tessile sembra essere frutto di racconti leggendari, ma esiste ed è realtà concreta da secoli, forse millenni. Il processo, che dalla fonte marina conduce alla preziosissima fibra, merita di essere descritto perché indicativo del suo pregio. Per farlo, prendiamo l’esempio della signora Vigo, la quale svolge questa operazione ancora oggi, a 69 anni.
La signora si immerge nelle acque antistanti Sant’Antioco, fino a 17 metri di profondità. Una volta individuata sulle rocce la Pinna nobilis (nome del mollusco), recide accuratamente i filamenti secreti dalla nacchera che in seguito andrà a lavorare. Giusto, quasi dimenticavamo: per una trentina di grammi di filamenti servono dalle 15 alle 20 immersioni. Faticaccia. E pensate che la famiglia della signora Chiara padroneggia questa sapienza da un millennio, stando alle sue parole. Una volta erano diverse le località in cui si raccoglieva e tesseva il bisso, ad esempio lo si è fatto a Taranto fino alla metà del secolo scorso.
Qualche riga più sopra vi abbiamo detto come l’arte della seta di mare sia remota, ma non sappiamo esattamente quanto. È vero, i babilonesi, gli assiri, così come fenici, greci e romani chiamavano byssus un tipo di tessuto molto pregiato, simile alla lana, ma nessuna delle fonti ha mai fatto riferimento alla sua provenienza marina. Potrebbero essere due cose diverse. Ad oggi la testimonianza più antica di seta marina è del XIV secolo. I ricercatori ritrovarono il manufatto in bisso all’interno della basilica di Saint Denis nel 1978. Addirittura un tessuto simile al bisso saltò fuori da una tomba antica di Budapest, risalente al IV secolo d.C. Purtroppo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale ci hanno privati di questa testimonianza.
Se non si fosse compresa l’importanza storica del bisso, aggiungiamo come un riferimento chiaro sia presente anche sulla Stele di Rosetta. Per secoli sovrani, regine, personaggi illustri, hanno vestito la seta di mare. Eppure questa non si può né vendere, né comprare, perché su di essa grava il cosiddetto “Giuramento del Mare“. La signora Vigo lo rispetta in tutta la sua piena sacralità, regalando – a chi ne è degno, evidentemente – i suoi capolavori. Ecco perché l’aggettivo “inestimabile” è perfetto: il bisso non ha un valore nominale, ma ne ha uno simbolico e quest’ultimo è tra i più elevati al mondo.
L’arte, sulla quale non si può lucrare perché “sarebbe come provare a trarre vantaggio dal sole o dalle maree” – come afferma Chiara Vigo in un’intervista alla BBC, è oggi candidata ad essere Patrimonio immateriale dell’umanità secondo l’UNESCO. In passato vi avevamo parlato di un tessuto, che forse troppo frettolosamente avevamo definito “il più raro del mondo”. Dopo aver scoperto la storia del bisso, ci siamo ricreduti, totalmente.