Se dovessimo dar retta ad Omero, allora la domanda nel titolo, con la quale speriamo di dar vita ad un dibattito storico-letterario, non avrebbe senso di esistere. Il Divino ci presenta i Mirmidoni (Mirmìdoni) come un valoroso – anzi, il più valoroso dell’intero scenario epico – corpo d’arme proveniente dalla Tessaglia, agli ordini prima di Peleo e poi del figlio Achille. Fedeli, indomabili, vittoriosi in ogni confronto, questi guerrieri erano preceduti da una fama leggendaria. In effetti, come spesso accade quando si parla di Grecia Antica, la loro origine, e persino la loro esistenza, è legata indissolubilmente al filone leggendario.
Sebbene siamo alla ricerca di una correlazione storica, è impossibile non partire dal molteplice contesto leggendario per capire da dove provengano i Mirmidoni. Come sempre tutto ha inizio da un invaghimento di Zeus, questa volta per una ninfa di nome Aegina (Egina). Solita tiritera: il Dio del fulmine vuole la ninfa, si trasforma in una fiamma per corteggiarla e dalla loro relazione nasce Eaco, primo sovrano dell’isola di Egina. Era, moglie di Zeus, non accetta il tradimento e per vendetta lascia precipitare l’isola nella carestia più totale, decimando la popolazione. Eaco si rivolge disperato a Zeus, chiedendo una grazia. Così la divinità trasforma tutte le formiche (Myrmidónes) presenti sul territorio in uomini, ripopolando il regno.
Il figlio di Eaco sarà per l’appunto Peleo. Dopo aver ucciso il fratello, Peleo fuggirà in Tessaglia, portando con sé gli stessi Mirmidoni che in seguito serviranno Achille. Sebbene vi siano anche altre versioni del mito fondativo, questa è la più comune ed ha a che fare con la leggenda dal momento che, stando alle poche fonti archeologiche e letterarie a nostra disposizione, in qualche modo si riesce (con molta fatica e fantasia) a collegarla ad una realtà storica.
Possediamo infatti prove inconfutabili su insediamenti umani presenti sull’isola di Egina fin dal Neolitico. Insediamenti che, influenzati pesantemente dalla cultura minoica prima e da quella micenea dopo, fioriscono a tal punto da rappresentare un importante scalo per i commerci regionali. Non è un caso che i Micenei utilizzassero l’isola come bastione strategico, lasciando testimonianze auree rilevanti – vedasi il Tesoro di Aegina, oggi esposto tra le sale del British Museum. Ma è proprio con il crollo di Micene che Egina cade in disgrazia, spopolandosi (da qui la leggenda).
E guardate un po’, l’uomo che per primo decide di stabilire una colonia mercantile sull’isola si chiama proprio Eaco da Epidauro. Dal XII secolo a.C., Egina conosce un secondo sviluppo commerciale. L’isola, a metà tra l’Attica e il Peloponneso, detiene il monopolio del grano proveniente dal Ponto. Atene, come sempre, non ci sta e fa di tutto per mettere il bastone tra le ruote all’isola del Golfo Saronico. Erodoto, in tale occasione, descrive la consuetudine dei guerrieri provenienti da Egina di indossare delle armature nere, come se fossero “formiche“. L’intreccio è evidente.
Comunque sia, nel V secolo a.C. Atene occupa Egina e l’isola vedrà svanire, ancora una volta, lo splendore economico e culturale che l’aveva caratterizzata. In definitiva, cercare una risposta alla domanda con la quale abbiamo esordito è pressoché impossibile. Certamente qualcosa di vero nel racconto leggendario c’è, ma non è abbastanza per delineare una vera e propria storia dei Mirmidoni. Continueremo ad immaginarli così come ce li descrive Omero: sotto le possenti mura di Troia, formidabili combattenti fedeli al piè veloce, Achille.