Vi abbiamo provocato appositamente. Per quanto Venezia non conosca rivale a livello globale, perché di una bellezza unica, delicata e preziosa, condivide con altri luoghi il fatto di essersi elevata dal punto di vista politico, culturale ed economico grazie ad un elemento naturale come l’acqua. Ed è proprio su tale piano che accostiamo la Città Sotterranea di Kish alla Serenissima.
La correlazione ci permette di parlarvi di una perla orientale che non tutti conoscono, sebbene si trovi in una località – Kish per l’appunto – che può vantare la terza posizione per volume turistico nella regione del sud-ovest asiatico (preceduta solamente da Dubai e Sharm el-Sheikh). L’isola di Kish si affaccia sulla costa meridionale iraniana, bagnata dalle acque del Golfo Persico. Essendo una zona di libero scambio, gode di una popolarità turistica e finanziaria quasi senza eguali. I motivi vanno ricercati altresì nella storia del luogo.
Gli abitanti di Harireh (di cui oggi permangono solamente delle rovine in superficie), ben consci dell’ambiente arido, all’incirca due millenni e mezzo orsono, iniziarono a scavare sotto terra con il chiaro intento di costruire un acquedotto (detto “kariz“). Attorno all’infrastruttura si sarebbe sviluppata una cittadina, dotata di poli per il commercio e per la potabilizzazione delle acque. In effetti l’opera di ingegneria architettonica si estese per circa 10.000 m².
La zona accrebbe ancor di più con la connessione dei pozzi, raggiungendo addirittura i 14 km² di grandezza. Avvalendosi del principio della pressione differenziale, gli abitanti della Città Sotterranea di Kish sollevarono l’acqua fino al kariz. I pozzi vennero fin da subito muniti di tre strati di materiale filtrante: ghiaia corallina, graniglia mista ad argilla ed infine marna (anch’essa una specie di argilla più spessa). Il sistema era così complesso e funzionale da garantire, in base alla profondità presa in esame, acqua per i più disparati utilizzi. Il kariz permise la conduzione dell’acqua fino in superficie, assicurando l’irrigazione dei campi.
Non solo. Addirittura dopo qualche secolo di perfezionamento della struttura, si riuscì a costruire un rudimentale canale dedicato all’ingresso delle piccole imbarcazioni. Queste potevano imbarcare anfore colme d’acqua ed uscire dalla città sotterranea. Come si può evincere da queste informazioni, sorprendente è il grado ingegneristico toccato. Eppure non ci si spiega il perché del successivo abbandono. Pensate che è solamente nel 1999 che l’autorità iraniana ha pulito gli antichi ingressi, ristrutturando gli interni per quanto possibile.
Quest’ultimo atto ha trasformato completamente il vecchio kariz, il quale oggi funge da centro commerciale esteso. Al suo interno si possono trovare negozi d’ogni genere. L’atmosfera rimane unica e, nonostante diversi secoli d’abbandono, l’acquedotto sotterraneo di Kish conosce nuova linfa.