Era il 21 settembre 1938. A Vienna si stavano svolgendo i Campionati Europei di Atletica Leggera. Dora Ratjen stava rientrando in Germania dalla capitale austriaca dopo aver battuto il record mondiale di salto in alto femminile con un altezza di 1,70 metri. Portava un paio di calze velate abbinate a scarpe chiare con un sobrio tailleur grigio. Il suo abbigliamento non ingannò un controllore, ne tantomeno due signore che viaggiavano con lei, che la notarono subito. Questa, infatti, aveva degli accenni di barba.
Alla stazione di Magdeburgo un poliziotto la fermò. Era convinto che si trattasse di un uomo e non di una donna e, non soddisfatto dal semplice documento, insistette affinché Dora lo seguisse alla stazione di polizia. Quest’ultima tirò un sospiro di sollievo: era stanca di dover fingersi quello che non era. Inizialmente Ratjen era un po’ titubante ma alla fine confessò di essere un uomo. Assunse successivamente il nome di Heinrich. Fu accusato successivamente di sospetta frode sportiva per il periodo compreso tra il 1934 e il 1938. Per questo tutte le medaglie conquistate fino a quel momento gli furono confiscate.
La storia di Dora Ratjens comincia il 20 novembre 1918, a Ericshof, vicino Brema. L’ostetrica presente alla nascita subito capì che c’era qualcosa che non tornava. Inizialmente gridò ”è un maschio!”. Poi si corresse: era una femmina, la quarta della casa. I dubbi, quindi, c’erano fin dall’inizio. Tanto che i genitori le fecero controllare i genitali da un medico, il quale disse che effettivamente c’era qualcosa di strano, ma di lasciar perdere perché comunque non c’era niente da fare.
Ancora non si sa con certezza se si trattasse di un caso di ermafroditismo o semplicemente l’ostetrica non aveva saputo riconoscere il sesso. Solo Dora comprese cosa le stava accadendo: ”A 10 o 11 anni ho iniziato a capire che non ero femmina, ma maschio. Non ho mai chiesto ai miei genitori perché dovevo indossare abiti femminili anche se ero maschio.” Viveva come una donna e per farlo doveva depilarsi le gambe ogni due giorni, non si metteva il costume e non andava a ballare. Dal 1934 si consolò con lo sport, diventando una delle più brave saltatrici della squadra olimpica tedesca.
Durante la preparazione per i giochi olimpici del 1936, che si disputarono a Berlino, Dora incontrò Gretel Bergmann, di origine ebrea. A quest’ultima, inizialmente, il Comitato Olimpico Nazionale consentì di prendere parte all’attesa manifestazione. Successivamente, con la scusa dei suoi scarsi risultati, non le consentirono più di gareggiare. Dora la sostituì e si classificò quarta nella gara di salto in alto. Solo dopo, nel 1957, Heinrich Retjen dichiarò di aver partecipato alle olimpiadi in vesti femminili su richiesta delle organizzazioni giovanili legate al regime tedesco. I documenti ufficiali però raccontano una storia diversa. Pare che queste (le organizzazioni) non sapessero il vero genere di Dora. Si scoprì solo nel 1938, quando il poliziotto insistette nel verificare di chi si trattasse veramente.
Sembra che Dora, poi Heinrich Ratjen, ricevette una nuova carta d’identità e poi spedito ad Hannover a lavorare come operaio. Successivamente, prese in gestione il bar dei suoi genitori e non rilasciò interviste fino al giorno della sua morte, avvenuta il 22 aprile 2008.