In questi giorni, gli archeologi dell’Università di Ferrara, hanno ritrovato all’altezza della via Appia 39 un lenòs. Se non sapete di cosa si tratti, state tranquilli, lo vedremo insieme. Iniziamo dal nome, che, come facilmente deducibile, deriva dal greco e indica la “tinozza”. Si trattava infatti di contenitori a forma di sarcofago molto in voga durante il I secolo d.C.
La loro funzione era quella di fermentazione del vino. Al loro interno infatti l’uva macinata rimaneva a riposo dopo la bollitura. Proprio quest’ultima operazione era quella più complicata e delicata. Molti contenitori non erano adatti a raggiungere temperature elevate senza esplodere o comunque ricevere gravi danni. Ma pensate davvero che il popolo che costruì uno degli imperi più grandi della storia non trovò una soluzione a ciò?
La risposta chiaramente è negativa. Una soluzione molto pratica riguardava la base rialzata dei lenòs. Questa presentava infatti tre fori che consentivano il raggiungimento di temperature elevate senza il rischio di esplosioni o fratture dell’intera struttura. In questo caso infatti si tratta di uno strumento in terracotta, ma non era l’unico materiale impiegato.
Molti lenòs dell’epoca erano infatti di marmo. Chiaramente questi avevano dei costi di molto superiori rispetto a quelli ceramici. Quest’ultimi infatti erano prodotto molto probabilmente in serie e venivano venduti in quantità molto superiori. Era insomma una soluzione economica per chi non poteva permettersi spese esose.
Inoltre, i sarcofagi marmorei arrivavano spesso via mare, dalla Grecia. Si trattava di oggetti semilavorati, mancanti ancora di decorazioni. Stava poi agli artisti romani completare il lavoro. Cercando chiaramente di farlo in modo da non contrastare con lo stile di provenienza del vaso e applicando dunque le decorazioni più appropriate.
Un elemento costante nelle decorazioni era la forma ad “S” e le sculture di leoni ai lati. Decorazioni che richiamavano la simbologia dionisiaca e quindi si ricollegavano all’uva ed alla sua fermentazione. Oltre che resistere a temperature elevate, questo lenòs, per nostra fortuna, sopravvisse anche a due millenni di storia, così oggi ce lo possiamo godere in tutta la sua bellezza.