Un totale di 68 frecce in quarzite, diversi indumenti e qualche utensile. Un “bottino” niente male per il team di archeologi del progetto Secrets of the Ice, operante nella Norvegia centrale, precisamente tra le fredde (ma neppure troppo, adesso vedremo perché) montagne di Jotunheimen.
La scoperta, localizzata a quasi 400 km di distanza dalla capitale Oslo, ha attirato l’attenzione della comunità scientifica e non. Il motivo è presto detto: si tratta di un ritrovamento reso possibile dallo scioglimento dei ghiacciai, un processo in progressivo aumento del quale dovremmo davvero preoccuparci (quando in realtà buona parte dell’opinione pubblica fa finta di nulla, n.d.r.) ma che, al contempo, ci permette di scavare a fondo in alcuni spaccati quotidiani del passato antico.
Tra i vari oggetti rinvenuti, sono le frecce ad interessarci particolarmente. La datazione al radiocarbonio stabilisce un ampio ventaglio cronologico d’appartenenza. Possiamo annoverare oggetti del basso Medioevo così come manufatti del Neolitico. Ciò sta ad indicare una costante presenza umana in loco, cacciatori per lo più. Dando una veloce occhiata ai reperti, si nota come quelli più datati risultino essere anche i più rovinati. Per quanto possa sembrare ovvia la motivazione, in realtà la risposta è molto più articolata e originale. Essa ha a che fare con il ciclo vitale del ghiacciaio di Langfonne.
Quest’ultimo è venuto meno tante volte quante sono quelle in cui si è riformato, il tutto nell’arco di diversi millenni. Significa perciò che, ad esempio, le frecce più antiche hanno subito un’esposizione alle intemperie maggiore rispetto agli oggetti più recenti, relativamente parlando.
L’analisi di una delle 68 frecce può colpire in quanto la conservazione della stessa è di notevole caratura. La stecca in betulla non ha accusato i segni del tempo, nonostante siano passati quasi 4.000 anni. Addirittura l’oggetto presenta ancora il piumaggio utile alla stabilizzazione in volo. In condizioni ordinarie, questo marcirebbe in brevissimo tempo, ma non è il caso della freccia in quarzite di Jotunheimen.
I cacciatori produssero la freccia con la punta rafforzata (arenaria prospera di quarzo) durante l’Età del Ferro. In zona ritrovamenti simili non si sono mai verificati, considerando almeno la qualità integra dei reperti. Probabilmente queste frecce servivano per cacciare renne o comunque animali di grossa taglia. Ora si è scatenata una corsa contro il tempo: lo scioglimento del Langfonne libera progressivamente un numero sempre più consistente di manufatti antichi. Il prelievo di quest’ultimi prima che si rovinino è la priorità. Il tutto tenendo sempre un occhio sulla questione del cambiamento climatico, di vitale importanza.