Noi oggi sappiamo che fu colpa del batterio Yersinia pestis; sappiamo con una buona percentuale di certezza che la pandemia di peste scoppiata in Europa nel 1346 fu dovuta alle pulci dei roditori, i quali infestavano le navi che dalla Cina giungevano nei porti del Vecchio Continente. Eppure queste sono nozioni che sfuggivano (per forza di cose) a chi toccò con mano – forse rimettendoci le penne – la peste durante le varie ondate e i diversi focolai che martoriarono l’Europa fino al XVII secolo. Le stesse persone che in un modo o nell’altro le provarono tutte pur di sfuggire a quel male non del tutto razionale.
Ci si rifugiò in Dio, ci si affidò al fato e perché no, anche nella pseudo-scienza dell’epoca. Quest’ultima partorì dei rimedi bizzarri e decisamente strampalati. Potere all’immaginazione. Noi oggi vogliamo presentarvene qualcuno, almeno tra quelli che storicamente sono accertati e fattuali. Tenetevi stretti e fate affidamento sulla resistenza del vostro stomaco. Iniziamo con qualcosa di molto leggero e, sulla carta, facilmente comprensibile: le soluzioni a base d’aceto.
Nella Francia del XIV secolo chi non voleva rischiare il contagio faceva affidamento a delle “pozioni” composte da erbe antimicrobiche, spezie, aglio e il disinfettante per eccellenza, appunto l’aceto. Bastava cospargersi di ciò per essere invincibili. Sorvoliamo. Merita una menzione lo strofinio (e in alcuni casi il consumo) sul corpo di una cipolla cruda. Si credeva che questo trattamento potesse “estrapolare” l’infezione dal corpo dei malati.
Laddove non si ricorreva al salasso – diffusissimo nell’Europa colpita dal morbo – si volgeva lo sguardo alle pipe, e quindi al fumo. Qui entriamo nella modernità e ci spostiamo nella Londra della seconda metà del XVII secolo. La convinzione generale era la seguente: il male si propaga nell’aria, l’aria deve essere disinfettata; quale migliore soluzione se non il fumo?! I sudditi di Sua Maestà Carlo II Stuart accesero falò per tutta la città, affumicando l’affumicabile. Dentro le abitazioni si ricorse alle pipe. Fumare era un ottimo modo per scacciare la peste e quindi non si vietò neppure ai bambini di farlo. Un piccolo male per curarne uno più grande, giusto?
Uno dei trattamenti più ripugnanti e malsani, fortunatamente non così comune ma comunque effettivamente adottato, consisteva nello spalmare feci umane sui bubboni del paziente. La maggior parte delle volte gli escrementi appartenevano allo stesso soggetto trattato. Vi lasciamo immaginare le conseguenze di una follia del genere (follia anche per i coevi, non scadiamo nell’anacronismo). Ma se pensate che solamente i più umili ricorsero a presunti rimedi bizzarri, sentite questa: alcune famiglie facoltose del settentrione europeo, soprattutto durante gli sporadici focolai del quattrocento, fecero affidamento all’oro disciolto in soluzioni saline e agli smeraldi sgretolati. Perché? Ce lo chiediamo anche noi.
In taluni episodi si degenerò nella violenza fine a se stessa. Nascondendosi dietro la scusa della peste, si verificarono dei veri e propri massacri. In un’occasione vi abbiamo parlato del pogrom di Strasburgo ma di eventi simili, caratterizzati da pestaggi e roghi indiscriminati, si verificarono ovunque. Bastava colpire le comunità ai margini della società, il resto contava poco. Quando si parla di peste, quale che sia il contesto o l’epoca, bisogna anche ricordarsi di queste ulteriori controindicazioni, affatto secondarie.