La nave sepolta, una pellicola del 2021 del regista Simon Stone, racconta la storia dietro gli scavi di Sutton Hoo iniziati nel 1939. I lavori condussero ad una delle più grandi scoperte archeologiche del Regno Unito, un qualcosa che allora permise di riscrivere i libri di storia. Noi siamo venuti a conoscenza della vicenda proprio grazie all’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo (scritto nel 2007 da John Preston) e crediamo sia meritevole di un accenno in questa sede.
Tutto ebbe inizio negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Nella cittadina di Woodbridge, nel Suffolk, un anziano blaterava su una sorta di tesoro presente a Sutton Hoo, a pochi chilometri di distanza dall’agglomerato urbano. Nessuno credette allora a quelle parole, nessuno tranne Edith May Pretty, proprietaria terriera del luogo indicato da quei “deliri da bar”. La donna volle vederci chiaro e assunse l’archeologo Basil Brown per la conduzione degli scavi in loco. Sul terreno della proprietà c’erano dei cumuli di terra abbastanza insoliti, e infatti i primi scavi riguardarono quest’ultimi.
Le prime operazioni portarono alla luce qualche frammento qua e là, nulla di trascendentale. Quando però gli scavi si concentrarono sul cumulo di terra più grande, si giunse ad un momento topico, di svolta. Man mano che i lavori di mr. Brown procedevano, ci si rendeva sempre più conto dell’entità del ritrovamento. Una nave sepolcrale stava riemergendo dopo secoli e secoli di occulto. Accurate analisi decretarono l’appartenenza cronologica del ritrovamento: si trattava di reperti dell’Alto Medioevo.
L’epoca in questione è sempre stata una sorta di taboo storico dalle parti di Londra, perché si è sempre saputo molto poco della reale situazione politica, amministrativa, sociale del periodo post-romano. Oltre ai resti della nave, emersero reperti di una rarità sconcertante: un’armatura placcata in oro e gemme preziose, diversi scudi e spade, caschi cerimoniali, monete e, in contrasto con ciò, scheletri di apparenti condannati a morte. Sì, perché successivamente all’epoca dei tumuli funerari, la zona divenne adibita alla condanna degli incriminati. Perché? Questo nessuno ancora è in grado di stabilirlo.
A rendere i tesori di Sutton Hoo così affascinanti è in larga parte il mistero che aleggia su di essi. Esatto, la ragione alla base di questa affermazione ha a che fare con la scarsa conoscenza che abbiamo sull’origine dei ritrovamenti. Ad oggi non sappiamo dire a chi sia appartenuta la nave (sebbene delle supposizioni in merito, anche convincenti, siano state fatte), le ricchezze e così via.
Una certezza però ce l’abbiamo, almeno dal 1939: il sito di Sutton Hoo ci permette di comprendere come l’isola britannica alto medievale, caratterizzata dalla presenza dell’Eptarchia Anglosassone, fosse allora un punto di riferimento quantomeno economico e commerciale anche per l’Europa continentale. Una convinzione che fino a qualche decennio fa era senz’altro azzardata. Non più, fortunatamente.