Nella speranza che la citazione sia stata colta dalla totalità di voi, vogliamo per un attimo immaginarci il pontefice Giovanni XII, al secolo Ottaviano dei Conti di Tuscolo, al posto di Giacomino nell’iconica scena tratta dal film Tre uomini e una gamba. Alla domanda: “ma quindi sei davvero Papa?” – il nobile romano risponde – “Sì, ma niente di serio”. Potrebbe far ridere, ma lascia riflettere, perché in effetti il figlio di Alberico di Roma fu Vicario di Cristo, ma si comportò come spalla del diavolo.
Nato nel 937 da una famiglia nobile, anzi, tra le più nobili della penisola italiana (egli fu nipote del Re degli Italici, il ferreo incoronato Ugo di Provenza), Ottaviano crebbe come doveva crescere uno del suo rango: circondato da ogni tipo di privilegio. Papà Alberico, che non nascose mai la personale volontà di controllare in toto la città di Roma, giocò d’astuzia. Da un intreccio diplomatico niente male, assicurò a suo figlio le due più alte cariche di potere all’interno dell’urbe. Il 16 dicembre del 955, all’età di 17 anni, Ottaviano salì al soglio pontificio col nome di Giovanni XII.
Il nuovo Papa non aveva una formazione ecclesiastica, non sapeva nulla delle beghe politiche che tale ruolo avrebbe comportato. Eppure si ritrovava ad essere Papa e Principe, senza che nessuno potesse scalzarlo. Le cronache dell’epoca non lo risparmiarono. Alcuni sostennero come il Palazzo Lateranense (allora sede del vescovo di Roma) si trasformò, senza mezzi termini, in un bordello in cui ogni piacere carnale trovava soddisfazione. Note furono poi le sue fughe notturne, sulle quali però vige più un’aura goliardica che di verità storica.
Il Conte di Tuscolo, benché inesperto in materia politica e militare, volle pensare in grande. Avviò una duplice campagna, a sud per mangiare qualche territorio ai parenti di Benevento; a nord, per rivendicare delle zone che, secondo i trattati carolingi, spettavano di diritto al Patrimonium Sancti Petri e non al Re d’Italia, allora nella persona di Berengario II. Nel primo caso, le pretese di Giovanni XII si risolsero in un fallimento totale. La seconda campagna invece conobbe una preparazione più… Come dire… Audace, ecco.
Esatto, perché il Papa-Princeps, sapendo di non poter rivaleggiare con Berengario II (che comunque attaccò per primo, ricordiamolo) chiese ed ottenne l’aiuto del sovrano dei Franchi Orientali, il noto Ottone I. Dietro la richiesta si nascondeva un patto: un aiutino contro l’odiato Berengario in cambio del titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero. Detto fatto, il duo vinse la guerra e il 2 febbraio 962 Ottone bussò alle porte di Roma, ottenendo quanto promesso. Non solo, tramite il Privilegium Ottonianum, l’alleanza si consolidò. L’accordo risultava essere un “difendimi che io ti difendo”, il quale avrebbe giovato ad entrambi.
Peccato che il Papa non tenne fede alla parola data. Non solo tradì Ottone, ma cercò di allearsi con il figlio di Berengario in funzione anti-imperiale. Una scelta dettata anche dalla volontà della nobiltà romana, che proprio non ne voleva sapere di avere un straniero al comando. Morale della favola? Ottone, marciando su Roma, fece fuggire via il pontefice. Seguì un’assemblea ecclesiastica in cui si misero a nudo tutti i peccati di Giovanni XII – e ne furono parecchi. Ok, il Papa tornò a capo dell’Urbe per un breve periodo nel 964, scomunicando il pontefice fantoccio voluto dall’imperatore, ma comunque morì assillato da tutte le sue azioni immorali. E in quel laghetto, parlando con una donna incuriosita, ce lo immaginiamo pronunciare le seguenti parole “Io Papa? Sì, ma niente di serio“.