Passeggiando tra le sale del Museo delle navi vichinghe di Oslo potreste imbattervi nel fiore all’occhiello dell’intera collezione: la bellissima Nave di Oseberg. Si tratta dell’imbarcazione vichinga meglio conservata giunta fino ai giorni nostri e in generale di un reperto dal valore storico inestimabile. Sebbene il ritrovamento di questo tesoro risalga a più di un secolo fa (1904-05), è solo attraverso le ultime analisi che stanno venendo a galla dei dettagli fondamentali per una limpida comprensione dell’intera vicenda.
Partiamo col dire come la Nave di Oseberg sia a tutti gli effetti una karvi, ovvero una nave da carico/guerra di manifattura vichinga. Costruita utilizzando interamente legno di quercia, l’imbarcazione è lunga 21 metri ed è larga 5. L’albero raggiunge quasi i 10 metri d’altezza. Considerata la grandezza della vela e la conformazione, si ha la certezza del fatto che la nave potesse raggiungere anche i 10 nodi. La prua e la poppa sono uno spettacolo per gli occhi, perché caratterizzate da alcune delle decorazioni più raffinate che si siano mai viste.
Per quanto la descrizione del bastimento sia degna di nota, è il suo contenuto ad attirare maggior attenzione. Per un millennio il prezioso relitto ha nascosto gli scheletri di due donne, in aggiunta ad un corredo funerario che definire ricco sarebbe quantomeno riduttivo. Esattamente questi dettagli lasciano presupporre il ruolo di rilievo sociale che almeno una delle due donne avrebbe ricoperto in vita. Gli studi hanno rivelato come una di queste sarebbe morta grossomodo all’età di 60/70 anni.
Questa indossava un vestito di lana rossa con un velo di lino bianco. Probabilmente ella morì per un tumore, anche se le malattie riscontrate lasciano immaginare diverse cause di morte. L’obesità, l’artrite (curata con semi di canapa) e la sindrome di Morgagni (condizione ormonale per la quale la donna avrebbe avuto caratteristiche maschili) non aiutarono di certo. La seconda donna, più giovane – venuta meno intorno ai 50 anni – ma comunque longeva se pensiamo all’aspettativa di vita media durante l’epoca vichinga (di circa 39 anni), presenta caratteristiche altrettanto interessanti.
Al momento del rito funerario indossava una veste di lana blu, con un velo dello stesso materiale ma anch’esso di colore bianco. Non si sa con certezza quale sia l’identità delle due, se entrambe fossero personalità di spicco o una (la giovane) fosse “l’accompagnatrice” per il viaggio nell’aldilà dell’altra. Il test del DNA è impossibile per la scarsa quantità rinvenuto sui resti. La qualità degli oggetti rivenuti grazie al corposo corredo funerario ci fa capire però l’importanza di una delle due. Si sono moltiplicate le ipotesi a riguardo.
Forse la donna più anziana, vissuta per l’appunto nel IX secolo, corrisponde all’identità della regina Åsa Haraldsdottir di Agder. Ella fu nonna di Harald, primo re di Norvegia. Molti studiosi però sono più cauti e pensano si possa trattare di una sacerdotessa, di alto rango, ma pur sempre di un’addetta alla religione. Le analisi ci dicono come le due perseguissero una dieta a base di carne. Un lusso per i tempi, visto l’alto consumo di pesce per la popolazione norrena. Alcuni punti scuri permangono, ma sono tutti d’accordo nell’affermare come la Nave di Oseberg sia una fonte di incredibili e sensazionali informazioni, utili allo studio di un popolo e un periodo storico dal fascino indiscutibile.