Emergono nuovi importanti reperti in Turchia, presso la fortezza bizantino-romana di Zerzevan. Gli archeologi, grazie all’utilizzo di georadar, strumenti in grado di scandagliare le profondità del terreno e rilevare vuoti e strutture, trovano materiale di grande interesse che da enfasi agli scavi da attuare nell’area.
Partiamo dalla fortezza, o castello di Samachi. Si tratta di un castello romano orientale, situato nella provincia di Diyarbakir, che fungeva da fortezza e da centro nevralgico per il commercio nella rotta tra la stessa Diyarbakir e Mardin. Il centro fortificato risale al IV secolo d.C., al periodo della dominazione romana orientale nella zona e già aveva sorpreso con altri sensazionali rinvenimenti.
Nel 2017 gli archeologi ritrovarono infatti il tempio di Mitra meglio conservato mai giunto fino a noi. L’anno precedente invece a sorprendere gli studiosi furono dei passaggi segreti e una chiesa sotterranea. Oltre al tempio si trova sottoterra anche un altro santuario che secondo gli esperti conteneva fino ad un massimo di 400 persone.
Ma ciò che lascia finora molti interrogativi e poche risposte è l’ultimo rinvenimento. I georadar segnalano infatti delle strutture sotterranee a più vani e stratificate su più piani sotto la fortezza. Il grande dubbio generato dal rinvenimento è sulla natura di queste strutture. Non si sa ancora infatti se si tratta di segrete del forte o di strutture preesistenti di altri popoli più antichi utilizzate come fondamenta nella costruzione del castello.
L’archeologo Coskun parla in seguito della scoperta anche di un secchio battesimale in bronzo di epoca romana, molto ben conservato, e di un timbro assiro. Secondo la sua stima ci sono 57.000 metri quadrati da scandagliare all’interno del castello e molti di più fuori dal suo perimetro. Un altro dato che comunica è quello inerente alle persone che il castello potrebbe aver ospitato nel corso della sua storia. 1.500 in tempo di pace, fino a 10.000 in tempo di guerra.
Non ci resta dunque che aspettare e lasciare che archeologi e studiosi ci diano maggiori risposte e alimentino le nostre conoscenze sull’impero romano orientale. La stessa cosa si auspica l’UNESCO che parla del sito come di un possibile latore di nuove conoscenze e chiaramente da preservare.