Quando il 5 maggio 1821 Napoleone Bonaparte spirò, in Francia – ma in generale anche nel resto d’Europa – era ordinaria consuetudine realizzare un calco in gesso del volto del defunto. Una pratica utile a catturare le “ultime” fattezze della persona, in questo caso, non una qualunque. Tuttavia è proprio dietro la Maschera mortuaria del primo imperatore di Francia che si è sviluppato, nel corso di questi secoli, un enigma dalla soluzione introvabile.
Un mistero che riguarda l’autore della prima maschera, le dinamiche che hanno condotto alla sparizione di questa nonché la vera datazione del calco. Prima di affrontare questi punti, ci serve un minimo di contesto storico. Alle 17:49 di quel quinto giorno di maggio, Napoleone esalò l’ultimo respiro. Una morte dolorosa, senz’altro, dovuta ad un cancro allo stomaco. Quella condizione costrinse un folto gruppo di medici a circondare Bonaparte nel suo esilio sull’isola di Sant’Elena.
Gli stessi medici ai quali oggi attribuiamo la realizzazione del primo calco. Secondo la tradizione, ad avanzare la richiesta fu il dottore personale François Carlo Antommarchi. La seconda ipotesi invece si concentra sul chirurgo britannico Francis Burton, presente anch’egli sull’isola. Una terza teoria è un mix delle prime due: l’assistente di Napoleone, tale Madame Bertrand, avrebbe rubato il calco realizzato da Burton (lasciando a quest’ultimo orecchie e nuca) per poi consegnarlo ad Antommarchi, il quale avrebbe commissionato le successive copie, liberandosi dell’originale.
Il dottor Antommarchi avrebbe poi concesso il calco in gesso all’ambasciatore britannico di stanza a Firenze, Lord Burghersh. La richiesta fu quella di girare la Maschera mortuaria allo scultore Antonio Canova, così da fargli realizzare un busto. Peccato che Canova morì di lì a poco, nel 1822. La maschera rimase perciò nelle mani del diplomatico inglese. Questa oggi si trova esposta al Musée de l’Armée di Parigi ed è soprannominata “Maschera Antommarchi-Burghersh”. Quella di Madame Bertrand invece è esposta al Musée de Malmaison di Rueil-Malmaison.
Se aleggia una simile incertezza sull’autore del primo calco, non è da meno anche l’enigma sul “quando” questo sia stato creato. Esatto, perché se analizziamo le copie più vicine all’originale, non sembrano riprodurre fedelmente un Napoleone 52enne, in una fase di grande sofferenza; Tutt’altro. Perciò si è pensato che l’imperatore avesse voluto il calco della propria maschera funebre qualche anno prima dell’effettiva morte, così da consegnare alla storia un volto ancora sano e vigoroso.
Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, spuntarono fuori diverse maschere, ognuna delle quali si proclamava degna dell’originalità. Esempio lampante è la cosiddetta “Maschera Arnott“, ipoteticamente realizzata dal dottore inglese Archibald Arnott (colui che scoprì come il male dell’imperatore si trovasse all’altezza dello stomaco). Questa maschera è l’unica in cera e non in gesso. Forse nessuno mai saprà la verità sulla maschera mortuaria di Napoleone Bonaparte… Forse.