Alcune vicende legate alla principessa della dinastia Qajar, Tāj-al-Salṭana, sono famose e alcune anche clamorosamente false. Innanzitutto quella che riguarda il famigerato, ma totalmente falso, suicidio dei 13 concorrenti d’amore che accorsero ai suoi piedi a chiedergli la mano e, venendo rifiutati, si tolsero la vita. Non esistono prove a riguardo e il tutto era orchestrato per sottolineare il diverso standard di bellezza della nostra principessa.
Ma nell’articolo di oggi parleremo di tutt’altro. La principessa iraniana fu un esempio virtuoso per il suo popolo, fino ad essere considerata, come detto in apertura, la prima femminista iraniana. Ma vediamo un attimo qualcosa della vita della reale iraniana.
Zahra Khanoum Tāj-al-Salṭana nacque a Teheran, il 14 febbraio 1883, nella dinastia regnante dei Qajar. Era infatti figlia dello scià Nāṣer al-Dīn Shāh Qājār e della moglie Maryam Turan al-Salṭana. Sin da subito frequentò la scuola ed imparò l’arabo, il persiano e il francese.
All’età di 10 anni si sposò, dando alla luce subito quattro figli. Il matrimonio però durò poco, nel 1899, all’età di 16 anni, divorziò. La pratica può oggi apparire banale e semplice. In oriente non è sempre così, e soprattutto non lo era sul finire del XIX secolo. Ma Tāj-al-Salṭana era una donna di cultura, scrittrice e forte sostenitrice dei diritti delle donne. Non si sarebbe arresa facilmente.
Un’altra grande novità riguardò una decisione forte presa dalla principessa, la quale scelse liberamente – e fu tra le prime a farlo – di non indossare l’hijab, il tradizionale velo copricapo, vestendo così all’occidentale. Inoltre era estremamente appassionata di letteratura e di pittura, dedicando il tempo libero ad entrambe. Apriva poi i suoi salotti letterari a uomini di cultura con i quali si confrontava con spontaneo interesse.
Possiamo dunque definire la principessa ribelle una donna dei nostri tempi. Pioniera e coraggiosissima per l’epoca in cui visse. Esempio seguito ancora oggi dalle donne iraniane o non nel loro processo di emancipazione. Che sia dunque un esempio virtuoso, soprattutto nel martoriato Iran odierno.