Percorse più di 50.000 km girovagando per il continente africano, una distanza superiore persino alla lunghezza massima dell’Equatore. Fu il primo occidentale a scoprire le cascate del fumo che tuona (Mosi-oa-Tunya), subito rinominate “Cascate Vittoria” in onore della regina. La sua tenacia gli valse numerosi record: primo uomo bianco ad attraversare in orizzontale l’Africa (dall’odierna Angola fino al Mozambico); trovò la sorgente del fiume Congo così come riuscì a mappare il corso dello Zambesi. Tuttavia l’esploratore scozzese David Livingstone fu per l’Africa una dannazione.
L’inizio della fine, una fine che addirittura oggi continua ad avere effetti sui paesi dell’intero continente. Se sappiamo riconoscere i mutamenti causati dal colonialismo europeo durante il XIX secolo, lo dobbiamo in parte (anche se non è l’unico attore teatrale in questa tragedia) a David Livingstone. Nato in Scozia nel 1813, in una famiglia dalle disponibilità economiche ristrette, ma dal fervore cristiano non indifferente. Un fuoco, quello religioso, che arse il cuore di David fino al 1838, anno in cui decise di partire come missionario per la Cina.
A fermarlo fu la Guerra dell’Oppio, la prima per l’esattezza (1839-42). Ma la vocazione non svanì e anzi, lo convinse a partire 3 anni dopo per Città del Capo, estrema punta meridionale dell’Africa. Dal 1841 fino al 1873, data della sua dipartita, David Livingstone dedicherà la sua vita all’esplorazione, sebbene il suo obiettivo primario (presto fallito) fosse quello missionario. Di avventure ne visse parecchie, come quella volta che fu quasi “pranzo” per un leone affamato. Dall’episodio Livingstone non solo ne uscì vivo, ma anche sposato.
Eppure noi, utilizzando un titolo provocatorio, definiamo l’esploratore al servizio della corona britannica una “dannazione”. Perché? Lo comprendiamo sottolineando le convinzioni di Livingstone, per il quale lo sviluppo dell’Africa, così selvaggia e arretrata, doveva necessariamente passare per una “trinità” di obiettivi: cristianesimo, civiltà e commercio. La legge delle tre “C” attraverso la quale il continente africano si sarebbe elevato, debellando la piaga dello schiavismo (praticata ancora dai mercanti arabi – e non solo…) e protraendosi verso un futuro migliore. Le cose andarono diversamente però.
Il racconto dei suoi viaggi durante gli anni ’60 diventarono di dominio pubblico. Livingstone iniziò ad avere un certo seguito, il quale gli permise di perseguire il suo sogno: trovare la sorgente del Nilo Bianco (visto che quella del Nilo Azzurro era una scoperta ben più datata). Dal 1866 fu un chiodo fisso. Per tradurre in realtà la sua grande aspirazione, lo scozzese fu costretto a vivere l’inferno, come ad esempio viaggiare insieme agli schiavisti arabi, i quali ripudiava con tutto se stesso. Durante la spedizione, raggiunse innumerevoli luoghi ignoti all’Europa, divenendo protagonista di alcune sensazionali scoperte geografiche.
Finì anche per perdersi! Per ben 5 anni tutti lo diedero per morto, vista la mancanza di notizie sul suo conto. Sarà un altro esploratore, il gallese Henry Morton Stanley a ritrovarlo nel 1871. Due anni dopo morirà, all’età di 60 anni, di emorragia causata dall’ennesima malaria contratta. Dopo Livingstone, incrollabile promotore del commercio occidentale in terra africana, il colonialismo europeo affonderà le sue zanne sul continente. Forse non se lo sarebbe mai immaginato, ma non era difficile ipotizzarlo…