Lo Sposalizio della Vergine è uno dei grandi capolavori di un artista straordinario del panorama umbro: Pietro Vannucci, detto il Perugino. Si tratta di una tavola dipinta con velature di colore ad olio su una tavola in legno di 234 di altezza e 186 cm di larghezza. Molto probabilmente la maggior parte dei lettori conoscerà l’opera firmata Raffaello, la più nota, posteriore rispetto all’esempio del pittore umbro. La sede originaria dello Sposalizio della Vergine fu la Cappella del Santo Anello nel Duomo di Perugia. Il nome del luogo sacro deriva dalla reliquia dell’anello nuziale di Maria conservata al suo interno. Nel 1489 la cappella fu ristrutturata e inizialmente la commissione era destinata al Pinturicchio. Il Perugino la ottenne in seguito e lavorò al dipinto dal 1501 al 1504.
L’esercito di Napoleone prelevò l’opera nel 1797, che lasciò dunque il luogo per cui il suo autore la pensò. I personaggi riconoscibili sono: San Giuseppe, Maria Vergine e il Sacerdote del Tempio. I tre, posti in posizione centrale, sono circondati dalla folla che assiste allo sposalizio. Dietro di loro il tempio, uno scorcio che ci permette di avvicinarci al concetto della città ideale rinascimentale.
La scena si basa sul racconto del matrimonio di Maria contenuto all’interno dei Vangeli Apocrifi. Ma, non dobbiamo pensare che in questo ci sia qualcosa di strano, il grande pubblico conosceva molto meglio le storie contenute negli Apocrifi, che avevano conosciuto una grandissima circolazione durante il medioevo, in quanto ne circolavano i testi nelle lingue volgari.
Maria trascorse la sua fanciullezza e la sua adolescenza nel tempio di Gerusalemme. Terminato il periodo monacale, a causa dell’arrivo delle prime mestruazioni, la aspettava il matrimonio. Dio comunicò molto chiaramente le sue intenzioni al Sacerdote del Tempio: avrebbe mandato un segno chiaro al prescelto. Allora una folla di pretendenti si radunò al tempio con un ramoscello e solo quello di Giuseppe fiorì.