Un buon governante si definisce tale quando ha in mente tre capisaldi: mai inimicarsi l’esercito; non prendere alla leggera le ambizioni della classe apicale; fare di tutto per tener buono il popolo. Pietro IV Candiano, doge della Serenissima Repubblica Veneziana dal 959 al 976, non lesse probabilmente il manuale del buon governante, dimenticandosi di rispettare i punti precedentemente citati.
Quando nasce Pietro IV? Boh. A parte gli scherzi, il Medioevo sa essere poco preciso con la biografia degli individui che non occupano posizioni di potere o comunque non esercitano (ancora) influenza tale da essere degna di nota, come si suol dire. L’illustre esponente della nobile famiglia Candiano non fa eccezione. Di lui iniziamo a sapere qualcosa non appena entra in politica, al fianco del padre, anch’egli doge sotto il nome di Pietro III.
Ve la facciamo molto breve: padre e figlio hanno due modi completamente diversi di intendere la politica e, più in generale, la gestione della cosa pubblica. Il vecchio è più conservatore. Egli non tende ad esporsi a livello diplomatico. Ha rafforzato i confini di Venezia ed ha assicurato una certa stabilità commerciale eliminando il problema della pirateria nell’Adriatico. Il giovane Candiano invece è spregiudicato oltre misura: stringe alleanze con i più potenti dell’epoca, ovvero il re d’Italia Berengario II, i franchi orientali di Ottone, Costantinopoli e i ducati limitrofi.
Questa sorta di attivismo diplomatico non richiesto conduce il figlio Pietro alla ribellione nei confronti del padre. Ribellione che conosce il fallimento. Pietro III però è generoso e risparmia la vita al figlio, condannandolo all’esilio. Tutto ciò nel 958. Incredibile ma vero, un anno dopo muore un doge e se ne fa un altro; forse non ci crederete ma l’incarico viene affidato all’odiatissimo Pietro IV Candiano. Perché? Magari lo sapessimo. Le fonti dell’epoca tacciono in merito e noi possiamo solo speculare.
Come che stanno le cose, il governo del nuovo doge Candiano è ambiguo. Esso si muove tra alleanze traballanti e matrimoni d’ufficio atti al consolidamento di relazioni diplomatiche. Ordinaria amministrazione in pratica. Trascorrono gli anni e il popolo veneziano inizia a stufarsi sempre di più di questo tiranno, il quale si è arroccato nel Palazzo Ducale (che allora era un castello e non il palazzo che oggi conosciamo). Il patriziato anche non ne può più; Venezia è isolata ed è tutta colpa del doge. Bisogna fare qualcosa.
È il 976 e la popolazione tutta pensa: “perché non appiccare il fuoco al castello e farla pagare a Pietro?” – è proprio quello che succede. Il doge, per sfuggire alle fiamme, esce allo scoperto in pubblica piazza, implorando il perdono. Diciamo che i veneziani non sono della stessa idea. Trucidano lui e il figlio in fasce, accompagnato dalla balia. Termina così la storia di uno delle figure più controverse della storia veneziana. Beh, poteva andare decisamente meglio…