Immaginiamo la confusione a Roma nel 218 d.C. quando Macrino, alto funzionario di corte in grado di prendere il timone della nave dopo la morte di Caracalla nel 217, fu a sua volta “messo da parte” (che in latino si traduceva con sconfitto e giustiziato) dalle truppe fedeli ad un Severo, ovvero un membro della dinastia che da decenni ormai garantiva una certa stabilità (termine da prendere con le pinze) al popolo romano. Quel membro era nato col nome di Sesto Vario Avito Bassiano, ma per tutti era Eliogabalo.
Eliogabalo – o Elagabalo, che dir si voglia – è uno dei personaggi più controversi della Roma imperiale. Anche i coevi lo preannunciavano e questo è tutto dire. Fregiatosi della porpora imperiale a 14 anni, il parente del predecessore Settimio Severo sembrava ai romani il candidato ideale per continuare quanto di buono fatto dalla suddetta dinastia fin dal 193. Sembrava…
Già il nome fa riflettere, perché indicativo delle sue credenze religiose. Eliogabalo era il nome direttamente riferito al Dio del sole siriaco “El” (Dio) “Gabal” (montagna, associata al culto solare). Il ragazzo era massimo sacerdote per diritto dinastico, quindi si spiega l’irrazionale scelta di condurre nella Città Eterna una pietra conica nera e far erigere un tempio apposito sul Palatino per custodirla. Nessuno, ma proprio nessuno, ne sentì allora la necessità, nessuno tranne il giovane Severo.
Ma a macchiare il governo e la personalità di Eliogabalo non fu solo la distorsione della religione tradizionale romana. Si diceva come l’imperatore amasse vestire abiti femminili, intrattenere relazioni sessuali “tabù”, dare sfoggio della propria spiritualità attraverso gesti e azioni non del tutto decorose per uno nella sua posizione. Sappiamo però come i cronisti romani amassero sparlare e forse la metà di quanto si sosteneva allora corrispondeva a falso.
Eppure la manna dell’impopolarità cadde sulla testa del giovane ragazzo, perché di un giovane ragazzo parliamo. Egli provò in tutti i modi a rinforzare la burocrazia dell’impero, attuando delle riforme non proprio edificanti, ma comunque tentò. Allo stesso modo si impegnò in campo bellico. Un po’ per ricalcare quanto fatto dai predecessori (vedasi Settimio Severo e Caracalla), Eliogabalo avviò una campagna partica, dai dubbi risultati pratici.
Sappiamo tutti che fine facevano a Roma gli imperatori non particolarmente amati: Eliogabalo non rappresentò un’eccezione. Nei suoi 4 anni di dominato, vari furono i tentativi di congiura. Alla fine chi le congiure le doveva sventare, ovvero la Guardia Pretoriana, ordì l’assassinio dello scomodo ragazzino 18enne. La testa decapitata, il corpo gettato nel Tevere. Nel 222 salì al trono Alessandro Severo. Ma questa è un’altra storia.