Quando si parla di Bernini e Borromini non si può che associarli ai grandi capolavori e le splendide bellezze che ornano la Città Eterna. Entrambi maestri nell’arte che era tutta la loro vita, in particolare per Borromini. Questi si spostò da Milano a Roma a piedi per seguire la sua passione e si toglierà la vita quando sentirà venir meno l’apprezzamento per la sua arte, consegnandosi in tal modo all’eternità.
Ma la storia più famosa, oltre le grandi abilità artistiche, mai messe in dubbio, è quella che riguarda Piazza Navona. Se i due lavorarono insieme in diversi contesti, finendo i lavori l’uno dell’altro e completando l’arte altrui con il personalissimo genio ed estro, i rapporti tra i due si incrinarono e si arrivò al celeberrimo scontro artistico.
Nel 1644, con l’elezione di Innocenzo X, Borromini sembrò avere la sua decisiva opportunità. Con Bernini momentaneamente allontanato dalla corte papale e tagliato fuori dai giochi, si vide affidare i progetti più importanti dell’epoca, meno che uno. Questo era il progetto inerente la fontana di Piazza Navona, che andò, manco a dirlo, al Bernini.
Questi infatti, dotato di incredibile carisma, lo ottenne come favore personale dalla cognata del papa, Donna Olimpia. Lo scontro col collega continuava, e questa volta a distanza molto ravvicinata: Borromini nel 1652 ottiene il mandato per edificare la Chiesa di Sant’Agnese in Agone, di fronte la fontana.
Allora entra in gioco la leggenda e l’estro degli artisti. La statua rappresentante il Rio de la Plata, di Bernini, sembra infatti inorridita dall’opera rivale, tanto da tendere le mani di fronte la faccia e coprirsi la vista. Per evitare la scomoda vista anche la statua del Nilo ha la testa velata.
So che vi stavate divertendo, ma purtroppo si tratta solo di una storia tramandata dalle guide turistiche romane. La fontana venne finita qualche anno prima della chiesa, nel 1651, e Bernini non poteva sapere che l’avrebbe costruita il suo acerrimo rivale l’anno seguente. Per quanto simpatica si tratta solo di una leggenda, ma la rivalità di sicuro c’era. Magari qualche volta se le dissero pure. Per quanto divinità nell’arte, erano pur sempre umani.