L’arte, come la letteratura e tutte le altre forme artistiche dell’uomo, ha una forte connotazione personale e soggettiva. Non è raro infatti sentire parlare di autori illustri che tali non erano in vita o che il grande pubblico difficilmente “santifica”, nonostante il loro riconosciuto talento. Questo è il caso di Coolidge.
Di Cassius Marcellus Coolidge sappiamo poco. Nacque a New York e fin da subito si appassionò all’arte. Lavorò infatti come fumettista e disegnatore per un po’ di tempo per poi fare anche il farmacista o l’impiegato in banca. Insomma non trascorse una vita dedita solo all’arte.
La sua fama in vita era pressoché inesistente e legata soprattutto ad una stravagante serie di sedici dipinti ad olio, intitolata “Dogs Playing Poker“, del 1903. Cosa raffigurava? Semplice, dei cani che giocano a poker. Almeno questo è il tema di 9 dei 16 dipinti, ma anche gli altri rappresentano i nostri amici a 4 zampe intenti a fare cose da uomini.
Fu l’agenzia pubblicitaria Brown & Bigelow di Saint Paul a commissionare l’opera a Coolidge, come pubblicità per delle sigarette. Lo straordinario realismo delle opere, con gli animali che sembrano perfettamente a loro agio a fare cose di solito appannaggio degli umani è strabiliante. Ma i critici del suo tempo purtroppo non erano dello stesso parere…
Nel 2005 però l’artista ebbe la sua rivincita. Due dei dipinti della serie furono oggetto di vendita in un’asta e superarono entrambi la cifra di mezzo milione di dollari. Nessuno si aspettava una tale cifra ma un collezionista di New York la sborsò facilmente per accaparrarsi le opere d’arte, che finalmente, quasi un secolo dopo la loro creazione, come tali vennero considerate.
Considerando che anche il grande Vincent Van Gogh non vendette mai un quadro durante la sua vita, la storia di Coolidge non è unica. Ma è comunque un bel esempio di rivalsa, una rivalsa giunta un secolo dopo, ma pur sempre giunta.