Nascere Doria comporta un peso non indifferente. Significa appartenere ad una delle famiglie più nobili ed influenti di Genova. Eppure quando il protagonista del nostro racconto venne alla luce nel 1466 non poteva certamente aspettarsi un’esistenza tranquilla ed agiata. Andrea è sì un Doria, ma di un ramo cadetto. Sul calar del XV secolo, la sua famiglia non vive un periodo semplice da un punto di vista economico (il padre è costretto a vendere parte dei suoi titoli feudali). Non solo, all’età di 17 anni Andrea resta orfano.
E come spesso accadeva ai giovani nelle stesse condizioni di Andrea, o si sceglieva la spada o la croce. Il Doria nel 1485 scelse la prima, recandosi a Roma presso il cugino, dal quale ottenne la carica di ufficiale della guardia papale, ruolo che svolse fino alla morte del papa Innocenzo VIII, tra l’altro suo parente, nel 1492. Da qui in poi la situazione “lavorativa” di Andrea divenne tanto complicata quanto lo era lo scenario geo-politico della penisola che si prestava a vivere il tempo della dominazione straniera e, in generale, delle Guerre d’Italia.
Andrea seppe muoversi bene in questo contesto, prestando servizio come condottiero di ventura e poi come abile comandante sotto insegne imperiali. Siccome al tempo erano due le fazioni predominanti sullo scacchiere europeo, e quindi o eri dalla parte francese o da quella spagnola, il quasi 40enne Andrea Doria, che proprio non amava uniformarsi, scelse di stare nel mezzo, servendo un po’ per l’una, un po’ per l’altra.
Ad esempio per conto imperiale liberò la stessa Genova dai francesi, nella nota impresa della Briglia nel 1514, dopo la quale consolidò a livello europeo la sua fama. In seguito diede il via a delle personali campagne contro i corsari barbareschi. A capo della flotta, combatté, sconfisse e catturò il famigerato corsaro Gad Alì. Ebbene, il comandante genovese cambiò bandiera, iniziando a servire Francesco I nella sua lotta contro Carlo V.
I successi non mancarono, ma furono inutili. Come ben sappiamo, la contesa tra i sovrani si risolse a favore della Spagna. Carlo, che ci vedeva lungo nella delegazione del potere, scelse nel 1528 Andrea Doria come comandante della flotta imperiale nel Mediterraneo. Tutto assume maggiore senso se pensiamo a quanti e quali interessi coltivassero in modo reciproco genovesi e spagnoli. Andrea Doria non fece altro che porsi a protezione di quegli interessi. Ma nel nuovo incarico il nobile genovese non brillò, subendo anche delle significative sconfitte contro le flotte turche-barbaresche.
Ma gli anni passavano e Andrea Doria, pur non fregiandosi di alcun titolo d’onore, rimaneva al centro della politica genovese. Trascorse gli ultimi tempi tra congiure, minacce esterne e battaglie non più condotte sotto suo diretto comando. Nel 1560 una clamorosa sconfitta navale delle forze spagnole, genovesi, sabaude e maltesi inflitta dai turchi, colse un vecchissimo Andrea Doria nel suo palazzo di Fassolo. Pochi mesi dopo si spense, lasciando un’eredità che spesso si tende a dimenticare. Eppure di principi corsari di tale spessore non se ne sente spesso parlare: Andrea Doriea ne fu un chiaro esempio.