Almanacco del 18 aprile, anno 1897: l’ambasciatore ottomano Asim Bey incontra il ministro degli esteri greco Stephanos Skouloudis ad Atene, annunciando a quest’ultimo il decadimento delle reciproche relazioni diplomatiche e dichiarando formalmente guerra al regno ellenico. Ufficialmente ha inizio una guerra, quella greco-turca del 1897, che nel concreto si combatteva già da diverse settimane. Il conflitto di breve durata scoppiò a causa delle tensioni generatesi attorno alla questione cretese, ma anche per via delle ambizioni irredentistiche greche inserite nel fragile contesto balcanico di fine Ottocento.

Prima una premessa. Le date riportate nell’articolo seguono il computo del calendario gregoriano. All’epoca sia il Regno di Grecia, sia il Sultanato ottomano adottavano il calendario giuliano, 12 giorni indietro rispetto al gregoriano. Ad esempio: la dichiarazione formale di guerra è del 18 aprile 1897, ma non mancano le fonti che invece riportano come data il 6 aprile del medesimo anno. Detto ciò, proseguiamo con la narrazione degli eventi.
Da che era stato firmato il patto di Halepa (1878) tra cretesi e la corte sultanale, l’isola di Creta, seppur sotto il governo di Istanbul, godeva di un’ampia autonomia. I vari governatori ottomani tuttavia non rispettarono i dettami della convenzione e applicarono delle stringenti politiche accentratrici. L’alibi perfetto per continui moti insurrezionali filo-ellenici. La popolazione ortodossa, maggioritaria e vicina alle istanze dell’Enōsis (unione con la Grecia) si scontrò continuamente con la minoranza musulmana, protetta dalla forza militare ottomana. Spesso Atene fomentava o supportava indirettamente le sollevazioni cretesi contro il dominio del sultano.

Nel frattempo la comunità internazionale stava a guardare, agendo in ottica di un riavvicinamento fra le parti. Riavvicinamento che, manco a dirlo, non era nelle idee della Grecia. Questa nel febbraio del 1897 inviò contingenti armati guidati dal colonnello Timoleone Vassos sull’isola, ufficialmente “per proteggere i confratelli cristiani”, ufficiosamente per occupare Creta. Con il suo arrivo – in barba agli avvertimenti dello Squadrone navale internazionale, messo in piedi da Austria-Ungheria, Francia, Impero tedesco, Regno d’Italia, Impero russo e Regno Unito – Vassos proclamò l’annessione dell’isola alla Grecia.
Il 19 febbraio, perciò due mesi prima la dichiarazione ufficiale di guerra presentata da Asim Bey ad Atene il 18 aprile, si svolse a Livadeia la prima battaglia vera e propria fra truppe greche e ottomane. Lo scontro vide vittoriosi i primi, ma non comportò chissà quale mutamento strategico. Lo Squadrone internazionale si attivò per dissipare la rivolta e in marzo a Creta si raggiunse una precaria situazione di stallo. L’attenzione si sarebbe spostata sul continente.

Il Regno di Grecia disponeva di un piccolo esercito, male armato e altrettanto mal equipaggiato. L’unico generale dell’intero esercito era il principe ereditario Costantino. Egli poteva contare su un massimo di 80.000 uomini, metà dei quali stanziati in Tessaglia. Dal lato opposto, la Sublime porta schierava sul campo un complessivo di 120.000 fanti, addestrati alla maniera prussiana, ben equipaggiati, comandanti dall’esperto Edhem Pascià.
Le ostilità si aprirono il 24 marzo, quando un gruppo di irregolari greci varcarono il confine con la Macedonia ottomana, con lo scopo di provocare disordini e distogliere l’attenzione degli avversari. Edhem Pascià mobilitò le sue forze all’inizio di aprile. I teatri di guerra più importanti si trovarono in Tessaglia e, anche se in minor misura, nell’Epiro. Per le divisioni del re Giorgio I di Grecia non ci fu mai possibilità di vittoria. Eccezion fatta per qualche strenua resistenza (alla quale contribuirono circa 2.000 camicie rosse, volontari al seguito di Ricciotti Garibaldi, figlio di Giuseppe), i turchi in meno di un mese occuparono la Grecia settentrionale e parte dell’Epiro.

Alla dichiarazione di guerra del 18 aprile 1897 seguirono le battaglie decisive di Larissa e Velestino il 27 aprile, nonché Domokos il 17 maggio; la situazione fu presto chiara a tutti. Sfondato il fronte greco, il 20 maggio ci si accordò per un cessate il fuoco. All’armistizio fece seguito una pace, giunta a dicembre di quell’anno. La Grecia perse parte della Tessaglia, ma solo temporaneamente. La comunità internazionale la costrinse a pagare una pesante indennità di guerra all’Impero ottomano. Creta fu posta sotto amministrazione internazionale, ma di fatto fu avviato il processo che l’avrebbe condotta all’unione con la Grecia, che avverrà nel 1913.

Per la Grecia la guerra del 1897 rappresentò l’amaro risveglio da un sogno irredentista. La cronaca bellica spiattellò in faccia all’opinione pubblica e al governo l’inadeguatezza dello Stato, dei suoi apparati e delle forze armate. Dopo la Guerra Nera (facile capire perché la storiografia ellenica la chiami così) in Grecia si aprì una lunga stagione di crisi politica. Fu quello il preludio all’ascesa di Eleftherios Venizelos. Invece più ambiguo fu l’esito del conflitto per il sultanato di Abdul Hamid II. La vittoria dimostrò che sì, l’impero poteva ancora imporre il suo volere nella regione, ma non senza il sostegno europeo alle spalle. Sostegno che aveva un prezzo abbastanza alto: l’assoggettamento economico, finanziario e politico.