Almanacco del 15 aprile, anno 2013: durante la 117° edizione della maratona di Boston, si verifica un tragico attentato terroristico. L’esplosione sequenziale di due ordigni posti in prossimità del traguardo stronca tre vite. Tra le vittime c’è un bambino di 8 anni. Più di 250 i feriti. Gli Stati Uniti ripiombano nel terrore così come avevano fatto all’inizio del secolo, in occasione dell’11 settembre 2001.

La dinamica dell’attentato alla maratona di Boston è la seguente. Alle 14:49 (ora locale) del 15 aprile 2013, due ordigni esplodono a 27 secondi e 190 metri di distanza l’uno dall’altro. Le esplosioni interessano l’area vicina al traguardo di Boylston Street. Le bombe, fabbricate in casa, sono due pentole a pressione dalla capacità di 6 litri, riempite di esplosivo, chiodi, pezzi di ferro e lamine sferiche. Il tutto per massimizzare i danni inferti. Due borsoni da viaggio neri contengono gli strumenti di morte.
Gli attentatori, su cui adesso ci concentreremo, scelsero la posizione ottimale per recare più danni possibili a corridori, pubblico e media. Subito dopo l’attentato, scattò il protocollo di sicurezza, con la polizia che chiuse lo spazio di 15 isolati attorno all’epicentro dell’esplosione. L’amministrazione limitò lo spazio aereo sopra Boston e interruppe il trasporto pubblico. Forze dell’ordine e personale medico si attivarono tempestivamente per portare in salvo tutti i presenti, temendo altre esplosioni.

A farsi carico delle indagini fu principalmente l’FBI, supportata da altri dipartimenti della sicurezza e dell’intelligence statunitense (CIA, DEA e NCTC). Inizialmente si pensò ad un coinvolgimento nordcoreano, ma la mancanza di prove in tal senso fece protendere per altro. Tra le mille segnalazioni fatte a seguito del drammatico accaduto, una in particolare sembra convincere gli investigatori. Secondo la segnalazione i principali sospettati sarebbero due uomini, che poi si scopriranno essere due fratelli: Dzhokhar Anzorovich Tsarnaev (19 anni) e Tamerlan Anzorovich Tsarnaev (26 anni). Cittadini russi, naturalizzati statunitensi, di etnia cecena.
Dopo che i media diffusero le immagini dei sospettati, immortalati dalle telecamere a pochi minuti dalle esplosioni del 15 aprile, i fratelli Tsarnaev si armarono e si diressero verso il Massachusetts Institute of Technology. Ciò avvenne il 18 aprile. I due attentatori uccisero una guardia del campus, dirottarono un SUV (prendendo in ostaggio un uomo) e si cimentarono in una fuga diretti verso New York; secondo l’ostaggio i due desideravano fare esplodere altri ordigni a Times Square.

Le autorità intercettarono l’automobile durante il tragitto; ne seguì uno scontro a fuoco con la polizia. Nell’occasione il 26enne Tamerlan rimase ucciso, mentre suo fratello riuscì temporaneamente a fuggire, nascondendosi all’interno di una barca in una proprietà privata.
Il processo a Dzhokhar Anzorovich Tsarnaev si concluse nel 2015. Con a carico 30 capi d’accusa, la Corte distrettuale federale del Massachussetts lo condannò alla pena capitale per 17 di essi. La Corte d’appello nel 2020 ha sospeso la sentenza. Nel 2022 la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha confermato la condanna a morte. Nel momento in cui scrivo, la stessa non è stata ancora eseguita.

Le motivazioni dietro l’attentato alla maratona di Boston sono da ricondurre all’islamismo radicale. I fratelli Tsarnaev dissero di aver agito in risposta alle guerre americane nei Paesi islamici (Iraq, Afghanistan) e si dichiararono seguaci del jihadismo, ispirati soprattutto dalla propaganda islamista online. Tuttavia le indagini non hanno mai attribuito agli attentatori legami con specifiche organizzazioni terroristiche (ad esempio al-Qaida). Dzhokhar Anzorovich Tsarnaev e Tamerlan Anzorovich Tsarnaev hanno agito come lupi solitari, radicalizzatisi autonomamente. In memoria dell’attentato, ogni 15 aprile la città di Boston celebra il “One Boston Day“, per commemorare le vittime e onorare la solidarietà della comunità.