Il mondo lo conosce col nome di J. Wilson, di mestiere fa il giornalista e nel 2011 si è ritagliato un momento di popolarità mediatica compiendo un esperimento abbastanza singolare. Ha pensato bene di trascorrere il periodo di Quaresima nutrendosi di birra e acqua. Incredibilmente, dopo 46 giorni di intense bevute, ce l’ha fatta, seppur con undici chili in meno, persi a causa della “dieta”. Ora, Il nostro J. Wilson apparirebbe come un folle dei tempi moderni, un individuo incompreso con un risicato spirito di autoconservazione, se non fosse per il fatto che qualcuno, in tempi decisamente più remoti, ha fatto la medesima cosa. Sì, perché il giornalista americano ha solo replicato una consuetudine monastica nata in Baviera nel XVII secolo. Avevo la vostra curiosità, ora spero di aver ottenuto la vostra attenzione.

Mettiamo subito in chiaro una cosa. Benché sia vero che gran parte di questa storia si svolge nelle verdi lande germaniche, è altresì importante ricordare come ci sia un pizzico di italianità. Macché un pizzico, un bel po’ di italianità, suvvia. Nel 1627 circa, dei monaci calabresi dell’Ordine dei Minimi (Ordo Minimorum, fondato da San Francesco da Paola nella seconda metà del Quattrocento) si trasferirono su invito del principe elettore Massimiliano I in Baviera. Essi rilevarono dai confratelli Basiliani il monastero di Neudeck ob der Au, a pochi chilometri da Monaco di Baviera.

I frati minimi giunti dalla Calabria, forse illuminati dal signore, probabilmente offuscati dall’alcolismo più selvaggio (si scherza amici della Santa Sede), ebbero un’idea geniale: perché non dare vita ad una birra speciale, dalla quale poter assimilare i nutrienti basilari (vitamine, carboidrati, ecc.) e con la quale potersi sostentare in periodo di Quaresima – che, come sa il buon cattolico, prevedeva stringenti e prolungati digiuni. Per meglio intenderci: perché non inventare una specie di “pane liquido” a sostituzione dei cibi solidi, interdetti ai penitenti?

Così, non più tardi del 14 febbraio 1634, nacque la birra dei monaci osservanti la regola di San Francesco da Paola. Dal nome del santo fondatore dell’ordine sarebbe derivato quello del birrificio di Neudeck ob der Au: Paulaner. Vi dice niente? Esatto, la Paulaner che tutti, o quasi, conosciamo nasce in quel frangente di XVII secolo, da una necessità piuttosto circostanziale.
Soffermiamoci un secondo sulla data, perché ci rivela qualcosa in più sulla storia di questa super birra. Del 14 febbraio 1634 è un esposto ufficiale presentato dai birrai della città di Monaco al borgomastro. Nella denuncia le maestranze cittadine chiedevano l’inibizione della birra Paulaner dal mercato locale. Aveva senso: quella bevanda tanto forte di gusto quanto energetica rappresentava una concorrenza scomoda da affrontare. Ad oggi l’azienda Paulaner indica quella sgradita menzione come atto fondativo del birrificio.

Ma per un riconoscimento ufficiale da parte delle autorità competenti si dovette attendere il secolo successivo. Fino al 1751, il monastero di Neudeck ob der Au poté servire la prelibata birra solo nei giorni in cui si celebrava San Francesco da Paola (il 2 aprile). In quell’anno si permise loro di servire liberamente alcolici, senza restrizioni temporali di alcun genere. In segno di gratitudine, i frati minimi invitarono il duca elettore Massimiliano III Giuseppe di Baviera e sua moglie Maria Anna Sofia di Sassonia nel monastero per assaggiare quella birra di cui tanto bene si diceva.

Si offrì al nobile il primo boccale della birra quaresimale della qualità Salvator (per chi se ne intende, è una Bock, con una gradazione alcolica che va dai 6.5% in su). Da allora è rimasta in vita una tradizione secolare, la quale vede il mastro birraio della Paulaner offrire al massimo rappresentante del potere locale – un tempo il principe elettore, oggi il Ministro Presidente della Baviera – un grande boccale. Prima della bevuta, il mastro pronuncia la seguente formula in latino: “Salve pater patriae! Bibas, princeps optime” – “Salve padre della patria! Bevi migliore tra i principi”.