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antica mesopotamia

L’Antica Mesopotamia, terra di maghi, streghe ed esorcisti

Quando pensiamo all’Antica Mesopotamia, ricordiamo sempre il fatto che questa fu la “culla della civiltà”. Qui si svilupparono l’agricoltura, l’allevamento di animali e l’addomesticamento dei medesimi. Ma sempre qui sorsero città imponenti e antichissime, senza dimenticare che in Mesopotamia inventarono la ruota. Ma in tanti dimenticano che l’Antica Mesopotamia era anche nota all’epoca per essere una terra di maghi, streghe ed esorcisti. E a dirlo sono le tavolette Maqlú.

Nell’Antica Mesopotamia si praticava la nobile arte della stregoneria

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Ora, non immaginate la presenza della Scuola di Magia e Stregoneria di Babilonia. Le tavolette d’argilla incise con caratteri cuneiformi, note come tavolette Maqlú, sono datate intorno al 700 a.C. Sono nove tavolette, il cui nome vuol dire “bruciare” e che descrivono nel dettaglio come bloccare e scacciare una magia malvagia, come proteggere il bersaglio dalla magia cattiva e come indebolire la persona responsabile del lancio dell’incantesimo o del maleficio.

Le prime otto tavolette contengono qualcosa come circa 100 incantesimi, mentre la nonna fornisce utili istruzioni per procedere nel rituale. L’idea alla base di queste tavolette era quella di creare un’opera adatta ad aiutare un esorcista e il suo paziente.

Quello che bisogna fare, in pratica, è creare una statuetta che raffiguri la strega e poi bruciarla per eliminare gli effetti della sua magia malevola. La cosa interessante di questo contro incantesimo è che non è importante sapere quale sia il nome di chi ha lanciato la maledizione. Tutto quello che si fa è sostituire la strega con un’effige senza nome che la rappresenti, confidando che gli Dei sappiano chi è il bersaglio designato. Immaginiamo quanto Light Yagami possa star rosicando per una cosa del genere.

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Crediti foto: @Wellcome Images/ CC BY 4.0

Tornando seri, le tavolette Maqlú, ci parlano di una società dove la magia era pratica sia in modo legittimo che illegittimo, di nascosto. E dove c’era la credenza che fosse necessario “difendersi” dai malefici.

In quest’ottica, la magia malvagia funzionava perché i praticanti riuscivano a ingannare gli Dei facendo credere loro di essere in uno stato di necessità autentico. Un po’ ingenue queste divinità, a dirla tutta. Comunque sia, il rituale di Maqlú funzionava perché rivelava l’inganno agli Dei in modo che potessero invertire ciò che avevano fatto per aiutare il mariuolo.

Considerate anche che la magia buona faceva parte della vita quotidiana di queste persone. Circa il 30% delle iscrizioni cuneiformi accadiche sopravvissute riguardano proprio la stregoneria e il soprannaturale. Numerose le tavolette e le testimonianze che parlano di queste forme di magia. Per esempio l’Enuma Anu Enlil, un testo mistico, descrive nel dettaglio circa 7mila presagi celesti relativi al re e allo stato.

Il Šumma ālu ina mēlê šakin, invece, è un testo composto da 120 tavolette di argilla che elencano 10mila cattivi presagi collegati alla presenza di troppe persone in un certo momento.

Il Šumma izbu, invece, è una raccolta di presagi che parlano di deformità alla nascita e anche di nascita di animali bizzarri. E non sempre la deformità all’epoca era negativa: quella sul lato destro del corpo era solitamente considerata infausta, mentre quella sul lato sinistro era fortunata.

Un’altra tavoletta elenca le pietre e le loro proprietà magiche, in modo da sapere quali usare per attirare o scacciare specifiche divinità. E ancora: spesso le donne incinta indossavano pendenti che raffiguravano il demone Lamashtu, noto per attaccare proprio le donne in stato di gravidanza e i neonati. In teoria indossando la sua effige, ecco che si teneva lontano da sé il demone.

Un nome che solleticherà la memoria dei più attenti è Pazuzu. Il demone, diventato celebre ovunque per via del film L’Esorcista, ha una sua figura in bronzo sulla quale è descritto un rito di esorcismo specifico. Le braccia della statuetta reggono una tavoletta contenente simboli simili a quelli presenti sulle pietre di confine. Questo amuleto era noto come Placca dell’Inferno.

Nella prima fila in alto ci sono simboli divini, simili a quelli delle pietre di confine. Fra di essi spiccano il simbolo di Utu o Shamash, il disco solare, antico dio del sole. Era il fratello gemello di Inanna, la dea considerata la regina del Cielo.

La seconda riga, invece, raffigurava sette gallu, demoni dalle teste di animali che trasportavano le vittime negli inferi mesopotamici. La terza riga, invece, è quella dove è descritto il rito dell’esorcismo. La persona posseduta è sdraiata su un letto, mentre alla testa e ai piedi del letto sono presenti due sacerdoti del dio dell’acqua, Ea. Dietro a uno dei sacerdoti c’è un altro demone, il quale tiene a bada due demoni. L’altro sacerdote ha in mano una lampada, simbolo del dio del fuoco, Nusku.

piatto cospirazione
Crediti foto: @Museo del Louvre, Parigi, Francia, Public domain

Nell’ultima fila troviamo diversi oggetti come ciotole, otri d’acqua, giare e cibo da offrire ai demoni. E proprio nel centro di questa fila c’è la raffigurazione di Lamashtu, la quale tiene due serpenti nelle mani, allatta due maiali ed è inginocchiata su un asino (il suo simbolo) che riposa su una nave in mezzo ai pesci. Alla sinistra di Lamashtu c’è il marito, Pazuzu per l’appunto, la quale la attacca con una frusta.

Questo perché i sacerdoti hanno evocato Pazuzu in modo da difendere la paziente da Lamashtu e da non farle rubare i neonati. Tutto ciò era la spiegazione che all’epoca davano agli aborti. Ma non potendo comprenderne le cause, ecco che ammantavano la morte improvvisa dei neonati con queste credenze sovrannaturali.

C’è anche da dire che nelle scuole-tempio della Mesopotamia gli studenti, fra le materie di studio, dovevano imparare anche i rituali di esorcismo, l’astrologia e come curare la possessione demoniaca. Insomma, Hogwarts non si è inventata niente.