Storia Che Passione
Accadde oggi: 11 marzo

Accadde oggi: 11 marzo

Almanacco dell’11 marzo, anno 2011: Giappone, alle 14:46 ora locale, un terremoto magnitudo 8.9 sulla scala Richter con epicentro nell’Oceano Pacifico, a 120 km dalla costa orientale nipponica, manda nel panico l’intera nazione. Al sisma, come prevedibile, fa seguito un tremendo maremoto, che nell’arco di qualche minuto s’infrange sul versante est della regione Tōhoku (area settentrionale della principale isola giapponese, l’Honshū). L’anomalo moto ondoso colpisce tutto: spiagge, case, parchi, edifici pubblici e infrastrutture. La centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi non fa eccezione. Il Sol Levante, così come il mondo, è col fiato sospeso. Nella memoria collettiva il ricordo di Černobyl’ non si è mai diradato. Qualcosa di simile, se non peggiore, avrebbe potuto innescarsi…

Accadde oggi: 11 marzo

Di disastri nucleari ne abbiamo trattati parecchi. Da quello tristemente più noto di Černobyl, all’epoca Unione Sovietica, a quello incredibilmente meno conosciuto – ma non per questo meno pericoloso – di Goiânia, in Brasile, nel 1987. Mancava all’appello Fukushima, ed eccomi qua a completare il compendio. Non volendo entrare in tecnicismi che non mi appartengono e sui quali temo di poter sbagliare, ripercorrerò le fasi dell’episodio concentrandomi più sulla sua natura catastrofica, sulle immediate ripercussioni ambientali, sociali, politiche ed economiche, più che sull’entità materiale, concreta, tecnica per l’appunto, dell’incidente.

La centrale disponeva di sei reattori nucleari ad acqua bollente (Boiling Water Reactors, BWR). All’avvertimento del mega-sisma marino, nel primo pomeriggio di venerdì 11 marzo 2011, i reattori 1, 2 e 3 erano in funzione. Mentre i reattori 4, 5 e 6 erano spenti per manutenzione. Come previsto dai protocolli di sicurezza, i reattori attivi si spensero automaticamente grazie ai controlli di emergenza. Fin qui tutto liscio, il vero problema subentrò con l’arrivo dello tsunami. Una quarantina di minuti dopo la scossa, un’onda alta 14 metri si presentò al cospetto della costa della prefettura di Fukushima. L’impatto con la centrale fu critico.

11 marzo

L’acqua scavalcò le recinzioni e allagò gli impianti. Annientanti i generatori di emergenza in grado di alimentare i sistemi di raffreddamento dei reattori 1, 2 e 3, il maremoto interruppe anche il flusso di corrente elettrica per i reattori 5 e 6. Ciò determinò una reazione a catena di disastrosi eventi. Senza raffreddamento, il calore di decadimento continuò ad aumentare la temperatura all’interno dei reattori. Conseguentemente l’acqua di raffreddamento evaporò lasciando esposte le barre di combustibile nucleare. La ricetta perfetta per una tragedia come non se ne vedevano dal 1986.

Corretto specificare che sebbene l’onda anomala invase la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi in data 11 marzo, le esplosioni che a tutti gli effetti comportarono le fuoriuscite radioattive avvennero tra il 12 e il 15 marzo. Le detonazioni, causate dall’accumulo di idrogeno, riguardarono tre reattori (l’1, il 3 e il 4). Altrettanto allarmante fu la fusione del nocciolo (meltdown) nei reattori 1, 2 e 3, contingenza che portò al rilascio di elevate radiazioni sia nell’aria che nell’acqua.

11 marzo 2011 esplosioni Fukushima

Quali le conseguenze sul corto-medio termine? Quali sul lungo? All’istante Tokyo emanò l’ordine di evacuazione riguardante oltre 150.000 persone nel raggio di 20-30 km dall’epicentro dell’incidente. Le autorità competenti spruzzarono acqua marina sui reattori nel tentativo di raffreddarli. Un male estremo, un estremo rimedio, poiché così facendo gli stessi impianti nucleari vennero completamente inibiti. Una grande quantità di materiale radioattivo fu rilasciata nell’oceano, meno nell’atmosfera, contaminando l’area circostante e parte delle acque del Pacifico.

A questo punto andrebbe sottolineata quella che – a parere di molti – fu la più grande differenza con il caso di Černobyl. Nel 1986 scoppiò un grande incendio che funse da vettore per gli elementi radioattivi, i quali poterono diffondersi a macchia nell’atmosfera. A Fukushima ciò non accadde (o meglio, si verificarono incendi ma localizzati e subito estinti), perché gli elementi radioattivi contaminarono l’acqua, e solo in minima parte l’aria circostante. Infatti a distanza di 14 anni dall’accaduto, indagini governative hanno dimostrato come non si siano registrati effetti negativi sulla salute della popolazione o dei lavoratori nella centrale direttamente attribuibili all’incidente. Basti pensare che i 51 morti che gli eventi dell’11 marzo 2011 causarono, furono tutti dovuti all’isteria di massa e al panico generalizzato scatenatosi.

11 marzo operatori bonifica centrale

Critiche piovvero sul governo, sugli allarmi da esso diramati e sulla gestione incongrua della centrale da parte della TEPCO. Quest’ultima era l’impresa che operava sugli impianti. Per bocca dei suoi rappresentanti ammise pubblicamente parte delle responsabilità sull’incidente. Invece sugli effetti a lungo termine il discorso che si può fare è parziale (vista la relativa prossimità temporale). Gli operatori per la messa in sicurezza e la bonifica dell’area hanno trattato e stoccato migliaia di tonnellate di acqua contaminata.

Il Giappone ha chiuso tutti i suoi reattori nucleari dopo l’incidente (attivandone una manciata dopo qualche anno) e ha avviato un dibattito nazionale sull’energia nucleare. Dal 2011 Tokyo ha comunque ridotto la sua dipendenza dall’energia atomica. Ma la discussione in merito è attuale come non mai.