Se vi chiedessi di associare un colore all’esercito di Sua Maestà, il primo che vi verrebbe in mente sarebbe il rosso. Naturale che sia così, perché l’uniforme militare che gli inglesi hanno indossato in battaglia per oltre tre secoli, dalla metà del XVII fino ai primordi del XX secolo, fa parte dell’immaginario collettivo non solo nazionale, ma addirittura globale. Non potrebbe essere altrimenti per un impero che si è imposto come potenza egemone in cinque continenti diversi contemporaneamente. Merito di opere artistiche, letterarie, cinematografiche, nonché di canzoni e racconti folkloristici, la giubba rossa è per molti l’emblema distintivo delle forze armate britanniche, almeno nella fase del loro massimo splendore. Questa tuttavia non vuole apparire come un’attenta disamina sulla storia della red coat. Al contrario è il racconto dell’ultima volta in cui le giubbe rosse hanno fatto la loro comparsa sul campo di battaglia.

La giubba rossa non fu un’invenzione di Oliver Cromwell, come spesso si crede. Prima che il Lord Protettore del Commonwealth scegliesse la tunica scarlatta come divisa standard in dotazione al New Model Army, furono le truppe inglesi – non tutte, ma solo alcuni reparti scelti – sotto i Tudor a vestire di rosso e oro, i colori della casata. Questo un secolo prima della guerra civile, a voler essere puntigliosi.

Ciò che si può, e anzi, si deve riconoscere al fautore della prima ed unica repubblica inglese è proprio l’ufficializzazione della divisa rossa come uniforme d’ordinanza. Da lì in poi la giubba rossa, come è ovvio che sia, ha subito modifiche e variazioni nello stile, ma mai nella sostanza cromatica. Fu il simbolo più evidente dell’impressionante espansionismo britannico, che in un dato momento storico, inquadrabile all’incirca nel primo decennio del Novecento, faceva sventolare l’Union Jack in Canada così come a Singapore, passando per Afghanistan, Sudafrica e India.

Gli scenari bellici in cui il vermiglio si esaltò furono svariati, alcuni dei quali letteralmente fissati nell’immaginario comune. Basti pensare all’iconico contrasto tra le schiere saldamente ordinate di giubbe rosse e le arrangiate, ma oltremodo agguerrite, divisioni sotto il comando di Washington durante la Guerra d’indipendenza americana. O ancora: le truppe britanniche contro i fanti francesi nel bel mezzo delle Guerre napoleoniche. Arriviamo alla Guerra di Crimea e a Balaklava, celebre toponimo che nella storiografia inglese assume i connotati del leggendario.
Nella battaglia di Balaklava del 25 ottobre 1854 che salì alla ribalta la “sottile linea rossa“. Postazione mantenuta irriducibilmente dagli effettivi del 93° reggimento di fanteria, i Sutherland Highlanders, contro le cariche del 12° ussari russo. Il nome con cui è passato alla storia questo episodio si spiega grazie al vestiario in dotazione al 93° fanteria. Reggimento di scozzesi rigorosamente in kilt (privi di biancheria) e giubba rossa.

La guerra in Crimea ebbe un duplice risvolto per l’esercito di Sua Maestà: uno l’abbiamo già sottolineato e riguarda la miticizzazione dell’uniforme. L’altro, al contrario, riguarda il progressivo affermarsi dell’idea di abbandonare la giubba scarlatta. Il perché s’intuisce da sé. L’introduzione delle armi a retrocarica, dei fucili a canna rigata e dei primi prototipi di mitragliatrice resero gli uomini in rosso degli evidenti bersagli con le gambe. La questione, già trattata in passato, è molto simile a quella della Legione Garibaldina in Francia durante la Prima guerra mondiale.
Una prima inversione di rotta risale al 1881, quando con le cosiddette “riforme Childers” gran parte dei corpi militari in servizio attivo, soprattutto nelle colonie, adottò uniformi cachi. Per la tradizionale giubba rossa rappresentò l’ultimo atto di una parabola già declinante. Qua giungiamo al succo dell’argomento; quando fu che gli inglesi combatterono per l’ultima volta con la red coat indosso?

La data “ufficiale” è 30 dicembre 1885. Ci troviamo in Sudan e il contesto è quello della guerra mahdista, un lungo conflitto tra forze anglo-egiziane occupanti il territorio del Sudan e truppe locali fedeli al Mahdi (leader spirituale e politico) Muhammad Ahmad. In un siffatto scenario ebbe luogo una battaglia minore, che non coinvolse più di 8.000 uomini complessivamente; ci si riferisce all’episodio come battaglia di Gennis (o Ginnis). La forza di spedizione britannica conteneva uno specifico reggimento al quale fu chiesto di combattere con la giubba rossa. Ordini dall’alto che trovavano giustificazione nella volontà del comando di intimorire (vista la nomea dell’esercito inglese) i ribelli mahdisti.

Per le truppe britanniche fu una vittoria sofferta, che pose quasi del tutto fine all’esperienza della divisa scarlatta. Se dessimo maggior peso alla data “ufficiosa” sulla dismissione della giubba rossa, dovremmo andare avanti di qualche anno rispetto alla battaglia di Gennis. Nella seconda guerra anglo-boera (1899-1902), alcune unità secondarie prestarono servizio dotate di giubba rossa. Ma non si hanno notizie di battaglie in cui effettivamente esse fecero la loro comparsa. Le tuniche scarlatte cessarono di essere “uniforme generale” dopo la mobilitazione britannica nell’agosto del 1914. Mentre oggi sono esclusivamente le Guardie del Re ad indossare la tipica giubba rossa, assieme a poche altre unità cerimoniali. Vi sarà forse capitato di vederle in Tv, sui social o dal vivo, come sentinelle a protezione di Buckingham Palace.