Storia Che Passione
Accadde oggi: 17 febbraio

Accadde oggi: 17 febbraio

Almanacco del 17 febbraio, anno 1673: muore all’età di 51 anni Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière. Figura emblematica del teatro classico francese, sublime commediografo nonché virtuoso drammaturgo, la sua dipartita è circondata da un alone di leggenda, poiché avvenne sul palcoscenico, o meglio, subito dopo una delle sue ultime rappresentazioni.

Accadde oggi: 17 febbraio

Non mi dilungherò sulla biografia, le opere e il lascito artistico dell’uomo da molti considerato “il padre della commedia moderna” – anche se la tentazione è tanta. Al contrario concentrerò la mia e la vostra attenzione sugli ultimi istanti di vita di Molière, in quanto curiosi e in un certo senso emblematici della sua intera esistenza.

È la sera del 17 febbraio 1673. Molière interpreta il ruolo di Argante, il protagonista della sua commedia Il Malato immaginario (Le Malade imaginaire), presso il Théâtre du Palais-Royal a Parigi. Solamente il titolo dell’opera è in grado di fornire la base per una serie infinita di battute. Non sarò io a farle, ma chi è dotato di un certo senso dell’umorismo non aspetti a sfoggiarlo. Fatto sta che nella quarta rappresentazione andata in scena in quel febbraio Molière soffriva di una malattia tutt’altro che immaginaria: la tubercolosi (qualcuno sostiene invece si trattasse di una grave forma di polmonite).

Durante la messinscena quasi tutti notano che il grande attore palesa qualche problemino nel recitare le sue battute. Tossisce e fa una gran fatica nel respirare. Il pubblico pensa faccia parte dello spettacolo, che sia tutta abilità recitativa (d’altronde l’opera parla di quello, un malato immaginario). Diversamente dal pubblico pagante, i colleghi di Molière comprendono che quella, ben che vada, è improvvisazione, altrimenti è un notevole cedimento fisico dovuto ad una salute cagionevole. I dubbi svaniscono d’un tratto quando il drammaturgo si accascia privo di coscienza sul palco.

17 febbraio Il malato immaginario

Qui s’inserisce il primo dettaglio verosimile. Sembra che Molière svenga dopo aver pronunciato la battuta “Je veux qu’on me traie” (“Voglio essere purgato”). Se davvero lo disse, beh, anche in punto di morte non mancò di esaltarsi in quanto a tempismo comico.

Terminata la rappresentazione, due suore accompagnano Molière nella sua dimora al 40° di rue de Richelieu. Sono diverse le fonti che raccontano le ultime ore di vita dell’artista. Ad esempio le memorie della moglie, poi vedova, Armande Béjart riferiscono che si sia cercato un sacerdote per circa un’ora e mezza per l’estrema unzione, fallendo tuttavia nella ricerca. Questo perché gli uomini di chiesa non volevano avere a che fare con il drammaturgo che in diverse occasioni fece aspra satira contro l’ambiente ecclesiastico.

Il via vai è continuo e le condizioni di Molière si aggravano di minuto in minuto. Le due suore forniscono le ultime assistenze, ma non c’è più nulla da fare. Il padre della commedia moderna, uno dei volti più noti del teatro europeo seicentesco, spira alle ore 22:00 del 17 febbraio 1673.

17 febbraio

Il giorno successivo si pensa ai funerali, ma già il tema della sepoltura crea imbarazzo sia alla famiglia che all’arcidiocesi di Parigi. Non avendo rinunciato per iscritto alla professione di attore (scandalosa per la Santa Romana Chiesa), l’oramai defunto Molière non ha neppure potuto ricevere i sacramenti. In teoria una tale contingenza comporterebbe la negazione di una sepoltura cristiana. Ma come fare per un uomo di così alta reputazione internazionale? Ne verrebbe fuori uno scandalo di gigante portata. Tramite l’intercessione dell’arcivescovo di Parigi si arriva ad un compromesso. I familiari ottengono il permesso di seppellire il compianto nel cimitero della cappella Saint-Joseph, a patto che lo si faccia di notte, senza alcuna pompa o celebrazione postuma. Così avviene tra le tenebre del 21 febbraio in una sezione riservata ai non battezzati e agli emarginati.