Parlando di corvi molti penseranno allo scuro volatile presagio di nefaste avventure, altri al celebre film di Alex Proyas, ma solo pochi porteranno la mente ad un’arma antica e segreta. Ecco che allora oggi approfondiremo proprio quest’ultimo punto insieme. Il Corvo infatti, dal latino “corvus“, era un vetusto sistema di abbordaggio delle navi per consentire il combattimento corpo a corpo anche al di fuori della terraferma. Ricreato in seguito da molti popoli, sarà un’innovazione utilissima, soprattutto prima dello sviluppo di armi a lunga gittata che trasformeranno le battaglie marine in scontri dalla distanza.

Lo storico greco antico Polibio ce ne parla nel III libro delle sue Storie. La passerella era lunga circa 11 metri (10,9 per la precisione) e larga 1,2. Alla sua estremità erano presenti degli acuti uncini che ricordavano appunto il becco arcuato del pennuto. Questi, una volta calato con la necessaria violenza, arpionavano la nave nemica e la rendevano raggiungibile a piedi. Semplice e geniale no?!
Ma cosa ci dice nello specifico lo storico? Parla della Prima Guerra Punica e di come, la marina cartaginese fu colta totalmente di sorpresa da quella romana. I cartaginesi si aspettavano infatti una battaglia marina, ma ebbero invece uno scontro semi-terrestre. I Romani, chiaramente, ebbero la meglio, in questo e nei successivi scontri contro la potenza africana.

Arriviamo ora alla fase problematica e oscura della vicenda. La Prima Guerra Punica fu l’unico contesto di utilizzo del Corvo, almeno secondo quanto riportato nelle fonti. Dopo di questa, l’oblio. Resta difficile capirne dunque al meglio il posizionamento sull’imbarcazione, l’utilizzo e cosa succedeva dopo la fine dello scontro armato.
Probabilmente il Corvo veniva messo già in posizione d’attacco, o per meglio dire “d’attracco”, già nel momento della partenza della nave. Appena si visualizzava la nave nemica bastava investirla frontalmente per far penetrare il becco adunco in essa. Il gioco era così fatto. Ma c’è un piccolo problema: le difficoltà nella manovra dell’imbarcazione durante il viaggio. Non è infatti facile muoversi con un’estensione di 11/12 metri a prua.

Questa ipotesi è dunque molto remota e non condivisa da molti. Una moneta romana in bronzo, precisamente un sestante, ci viene allora in aiuto. In questo soldo la rappresentazione di un marchingegno simile ad un Corvo disteso orizzontalmente a prua fornisce un’altra possibile risposta, più probabile della prima ipotesi. Insomma si trattò di un’arma segreta micidiale ma al contempo usata solo nella prima fase delle Guerre Puniche. In ogni caso si tratta dell’ennesima testimonianza del grande estro creativo degli ingegneri romani.