Storia Che Passione
Il'ja Repin in 3 opere

Il’ja Repin in 3 opere

Viaggiando molto osservò, osservando attentamente apprese, apprendendo con criterio replicò su tela. Il’ja Efimovič Repin (1844-1930) fece questo nella sua lunga vita, giungendo a picchi artistici elevatissimi, prendendosi con merito un posto fra i Grandi del realismo russo. Nato nell’Impero dello zar, precisamente nel governatorato di Char’kov (oggi Ucraina), crebbe in modeste condizioni e studiò a San Pietroburgo nell’Accademia Imperiale di Belle Arti. Iniziò nella seconda metà degli anni ’60 dell’Ottocento il suo percorso come realista, pur prendendo spunto dagli impressionisti francesi in materia di colore e tecnica.

Il'ja Repin in 3 opere

Repin dipinse molto nella sua vita, dalla ritrattistica alla rappresentazione della vita quotidiana, dall’incessante ricerca per il dettaglio storico al profuso impegno sociale, il pittore non snaturò mai se stesso. Si contraddistinse soprattutto per una capacità quasi sovrannaturale nel descrivere in immagine le emozioni vive e palpabili dei suoi soggetti. Come parte del movimento degli Peredvižniki (tradotto in “ambulanti” o “itineranti”), legò la sua arte al popolo, agli ultimi della piramide sociale, ai lavoratori, alla massa omogenea di contadini che costituiva a suo tempo il 90% della popolazione russa. Acuto osservatore della società circostante, Repin affrontò diverse tematiche sensibili. Perché non dare loro uno sguardo? Eccovi, dunque, Il’ja Repin in 3 opere.

1 – I battellieri del Volga (Burlaki na Volge), 1870-1873.

I battellieri, in russo burlaki, lavoravano stagionalmente, grossomodo dalla primavera all’autunno. Il loro mestiere consisteva nel trainare imbarcazioni controcorrente, in questo caso fra le acque del fiume Volga. Erano pagati relativamente bene, ma lo sforzo appariva come sovraumano, in alcuni casi poteva essere fatale. Repin vide per la prima volta i burlaki durante una vacanza nel 1870. Rimase scioccato dalla condizione lavorativa di quegli uomini, così forti eppure così vicini all’esaurimento di ogni energia vitale. Allo stesso modo fu d’impatto il contrasto tra i battellieri, non troppo dissimili dal bestiame, e l’alto ceto borghese o aristocratico, che passeggiava a poca distanza dai trasportatori o che se ne stava sulle barche trainate.

Il'ja Repin i battellieri sul Volga

L’opera intendeva celebrare la forza d’animo e lo spirito tenace dell’essere umano. Al contempo condannava una classe apicale russa insensibile, accondiscendente di fronte all’esistenza di un lavoro disumanamente duro. Il messaggio è incantevole, seppur inscritto in un contesto sgraziato. Il’ja Repin avrebbe fatto di questa cifra artistica il suo stendardo più riconoscibile.

2 – Ivan il Terribile e suo figlio Ivan il 16 novembre 1581 (Ivan Groznyj i syn ego Ivan 16 nojabrja 1581 goda), 1885.

Siamo di fronte ad uno dei dipinti più drammatici della storia dell’arte russa. Esso raffigura lo zar Ivan IV, detto il Terribile, dopo aver ammazzato accidentalmente suo figlio. Gli occhi sbarrati dello zar, il sangue che macchia volto e vestiti dei soggetti, l’atmosfera cupa che sembra calare dall’alto trasmettono un’intensità psicologica impressionante. L’episodio storico in sé è dubbio (anzi, molti storici concordano nel bollarlo come mai accaduto), ma Repin decise di non esimersi dal rappresentare il controverso episodio di storia russa anche per riflettere la precaria condizione socio-politica del suo tempo. Si ricordi per completezza d’informazione l’assassinio di Alessandro II e la successiva repressione, violenta e indiscriminata.

Il'ja Repin Ivan IV con suo figlio Ivan

Fin dalla sua primissima esposizione, l’accoglienza del quadro non fu grandiosa. Si registrarono casi di svenimenti al cospetto della tela, insulti rivolti all’autore, lamentele di ogni tono e genere. Ci sono stati persino degli atti vandalici dannosi per il dipinto. Il primo nel 1913 e il secondo di recente, nel 2018. In entrambe le occasioni i lavori di restauro sono durati a lungo, ma hanno restituito al pubblico uno dei massimi capolavori di Repin.

3 – Sof’ja Alekseevna Romanova, 1879.

Repin dipinge Sof’ja Alekseevna Romanova, altresì nota come Granduchessa Sofia, in un momento importantissimo della sua vita. Dopo il soggiorno francese, nel ’76 torna in Russia e si trasferisce a Mosca. Qui entra a far parte del succitato movimento degli Ambulanti, con l’intenzione di svincolarsi dalla canonica e accademica rigidità pittorica, dare vita ad una vera arte russa che si rifacesse a temi realisti, patriottici e politicamente impegnati. Forte di questo spirito, dipinse la Granduchessa Sofia, immortalando su tela un episodio storico spesso ignorato o comunque lasciato passare in sordina. Sofia fu reggente dello zarato dal 1682 al 1689, fino al compimento della maggiore età del fratello Pietro, poi Pietro I il Grande.

Il'ja Repin Granduchessa Sofia

La storia con Sofia è stata crudele e Repin ha voluto manifestare ciò con il suo dipinto. Salita al potere come reggente, la granduchessa ruppe con la tradizionale apatia politica femminile, sopravvissuta in Russia fino alla fine del XVII secolo. Anticipò le grandi zarine ma fu colta da un destino tanto tragico quanto beffardo. Dopo sette anni di onorevole reggenza, anche se non priva di turbolenze, il maggiorenne Pietro la scalzò dal potere, relegandola in un monastero. Morirà reclusa anni dopo, non prima di esser posta al centro di un’insurrezione a danno dell’imperatore. Per questo motivo Pietro fece impiccare i presunti collaboratori di Sofia fuori le finestre del suo palazzo. Il’ja Repin esalta la tragicità della questione, presentando la granduchessa nel momento in cui prende il sopravvento la consapevolezza. Quale? Beh, quella di non avere più speranza in un futuro migliore.