Fotografia di Harris & Ewing, Stati Uniti, 1914. La foto raffigura Evalyn Walsh McLean (o Evelyn), l’ultima proprietaria nota dell’Hope diamond, passato alla storia non solo per essere bellissimo e per il suo colore blu, ma anche per la sua fama di diamante maledetto.
L’Hope diamond è veramente un diamante maledetto?
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Prima di tutto: se vi sembra di averlo già visto è perché il Cuore dell’Oceano, la collana che indossa Rose in Titanic, è ispirata proprio a questo diamante.
Tolto questo dubbio, veniamo al nostro diamante. Ci sono leggende e racconti popolari che sostengono come questo diamante sia maledetto. Diciamo che il Blu di Francia, questo un altro nome con cui è noto, soffre un po’ della sindrome di Tutankhamon. Alcune morti ed eventi solo apparentemente strani collegati a esso hanno contribuito a creare la sua fama di gioiello maledetto. Ma a ben guardare, si tratta solo di congetture e coincidenze.
Il diamante Hope è un diamante di colore blu, del peso di 45,52 carati (o 9,1 grammi se preferite) e che attualmente si trova esposto presso lo Smithsonian Museum di Washington.
Sappiamo che fu trovato nelle miniere di Golconda, in India (in questo caso se il nome vi dice qualcosa, dite grazie a Dylan Dog). Nel 1688 il mercante francese Jean-Baptiste Tavernier lo acquistò, ma c’è chi dice che fu lui stesso a toglierlo dall’occhio della statua del dio Rama-Sitra in cui stava. Ovviamente ciò avrebbe scatenato le ire della divinità e fatto partire la maledizione che, da lì in poi, avrebbe colpito chiunque lo avesse tenuto con sé.
Probabilmente fu solo una coincidenza, ma poco dopo aver ottenuto il diamante, la bancarotta colpì Tavernier. Così decise di partire per l’India, per fare di nuovo fortuna. Ma morì durante il viaggio. Tutti eventi perfettamente spiegabili senza tirare in causa maledizioni e divinità irritate, ma ovviamente i fautori della teoria della maledizione trasformarono tutti questi eventi in prove del maleficio.
Da Tavernier il diamante passò niente meno che nelle mani di Luigi XIV. Anzi, fu proprio il Re Sole a farlo tagliare a forma di cuore, facendone diminuire le dimensioni (in origine era di 112 carati). Lui stesso lo indossò svariate volte, così come anche Luigi XV. Il primo morì a 77 anni, il secondo a 64 anni.
Niente maledizione per loro? Beh, dipende dai punti di vista: il primo morì a causa della gangrena a una gamba, il secondo di vaiolo. Insomma, morti non esattamente prive di sofferenze. Quindi, se volete dare credito alla teoria della maledizione, ascriviamo pure loro nell’elenco delle vittime. Anche se, in questo caso, la maledizione ci mise un bel po’ prima di agire. In caso contrario, sappiate che all’epoca non era affatto insolito morire di tali malattie. A proposito: il nome di Blu di Francia deriva proprio da questo periodo.
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Il diamante arrivò così a Maria Antonietta, la quale lo fece incastonare in una collana insieme ad altre pietre preziose. Ok, sappiamo tutti come sia finita Maria Antonietta, ma di certo non per colpa del diamante. Tuttavia la leggenda vuole che anche lei e il re siano state vittime della maledizione.
Il diamante divenne di proprietà della repubblica francese e rimase a far parte del tesoro della corona francese. Questo almeno fino al 1792 quando dei ladri lo rubarono insieme anche ad altri gioielli. In qualche modo, una ventina di anni dopo, il diamante ricomparve a Londra. Era stato ulteriormente tagliato, prendendo la forma del Diamante Hope che conosciamo ancora oggi.
La pietra passò nelle mani di Daniel Eliason, ma nel 1823 costui non lo aveva più. In realtà non si sa dove fosse finito, ma c’è chi sostiene che sia transitato per le mani di Giorgio IV d’Inghilterra. La successiva apparizione è quella presso il banchiere Henry Philip Hope. Qui il peso era sceso a 45,5 carati.
Hope morì nel 1839 e il diamante finì prima ai nipoti e poi a Henry Thomas Hope. Durante la Grande Esposizione di Londra questi lo prestò per la mostra del Crystal Palace. L’Hope Diamond passò poi alla moglie, Anne Adele Hope nel 1862 e poi al nipote, Francis Hope.
Probabilmente la maledizione del diamante si era presa qualche anno sabbatico perché per un po’ non ci furono vittime o morti strane.
Lord Francis Hope amava vivere nello sfarzo, senza averne i mezzi. Così vendette il diamante ad Adolf Weil, il quale lo cedette a Joseph Frankel’s Sons & Co. di New York. Fu lui a portarlo nella Grande Mela, ma per poco. Anche lui ebbe qualche problemino economico e lo vendette a Selim Habib, un collezionista turco.
Indovinate un po’? Esatto: anche Habib ebbe problemi di soldi e lo vendette all’asta nel 1909. Probabilmente il diamante si era svegliato dal letargo un po’ confuso e aveva intrapreso la strada delle maledizioni economiche.
Ad acquistarlo nel 1910 fu il gioielliere francese Pierre Cartier, il quale poi lo vendette l’anno successivo a Edward Beale McLean, il proprietario del Washington Post. Cosui lo regalò alla moglie Evalyn. E qui il nostro diamante, dopo la breve parentesi economica, si ricordo della sua nomea originaria e si scatenò.
Secondo i fautori della maledizione, provocò diverse morti:
- a madre di McLean
- due cameriere
- il figlio primogenito di soli 10 anni, investito da un’auto
Non pago, il diamante intendiamo, avrebbe causato il divorzio dei due coniugi, spingendo all’alcolismo lui (fu anche coinvolto in un brutto scandalo, dove c’entrava la fuga con un’amante e la bancarotta). Intanto la moglie Evalyn decise che quella della maledizione dovesse essere solo una leggenda metropolitana e continuò imperterrita a indossare la pietra preziosa.
Probabilmente il diamante si offese perché nel 1946 la figlia si suicidò con un’overdose di barbiturici. Fra l’altro lei stessa nel giorno del matrimonio aveva indossato il diamante della madre. Evalyn, invece, morì a 60 anni di polmonite (anche se altre versioni parlano di alcolismo).
Capite perché le storie in merito alla maledizione persistono? Fra l’altro c’è chi dice che lo stesso Cartier avesse inventato parte di esse, in modo da invogliare McLean a comprarlo. Perché chi non sarebbe tentato di comprarsi un bel gioiello maledetto?
Successivamente il gioielliere Harry Winston, nel 1958, decise di donare la pietra allo Smithsonian Institute, dove ancora è esposta al pubblico. Se andate a visitare il museo, non mancate di dare un’occhiatina al diamante. Magari portandovi qualche portafortuna dietro, non si sa mai.
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A proposito: questo diamante non ha ispirato solamente il gioiello di Titanic. Lo trovate in un episodio de Le nuove avventure di Lupin III, nel film Zombieland: Doppio colpo, in un episodio di South Park, dei Simpson, nella serie The last man on Earth, nell’anime Black Butler e anche nella serie americana del 1921 The Hope Diamond Mistery (vedete gli attori nell’ultima foto).