Almanacco del 28 gennaio, anno 1966: si consuma il disastro aereo di Brema. Tutti e 46 i passeggeri a bordo del volo Lufthansa 005 perdono la vita nella maniera più inaspettata. Le condizioni metereologiche avverse non consentivano un atterraggio facile e, difatti, così non fu. Ciò che seguì fu l’inizio della tragedia proprio ad un passo dall’arrivo.
Cominciamo dalla partenza del volo: sulla pista 25R dell’aeroporto di Francoforte, alle 17:41 dello stesso giorno partì il volo in questione. Aveva un ritardo sulla tabella di marcia di appena 8 minuti, un lasso di tempo insignificante e recuperabile facilmente in volo. Il velivolo era il bimotore di linea Convair CV-440, equipaggiato con carburante extra per sicurezza nei confronti delle condizioni metereologiche avverse.
L’aeroporto di riserva, scelto in caso di problemi gravi per un atterraggio di emergenza, era quello di Stoccarda. Dopo 30 minuti di volo circa però, nonostante le condizioni difficili, il comandante iniziava la manovra di discesa verso l’Aeroporto di Brema. La pioggia intensa riduceva di molto la visibilità e per il comandate la pista 27 era un’immagine lontana e sfocata.
Le cose sembravano volgere per il meglio, ma così assolutamente non fu. Heinz Saalfeld, divenuto tristamente noto in seguito, interruppe la manovra di atterraggio e iniziò la riattaccata (ripresa di quota dopo un tentato atterraggio aereo). Si trovava ad appena 10 metri dal suolo e non era assolutamente una manovra facile da compiere.
Pochi istanti dopo si consumò la tragedia: Saalfeld virò infatti improvvisamente verso sinistra, compiendo la sua ultima manovra. L’aereo si schiantò rovinosamente al suolo contro un campo al di là della pista 27. Il velivolo, già messo male dopo l’impatto, prese ulteriormente fuoco. I vigili del fuoco impiegarono ben 40 minuti per sedare quelle violente fiamme.
L’inchiesta successiva stabilì che si trattò di una serie di concause. In primis uno strumento di bordo funzionò male, mostrando un corridoio di discesa differente rispetto a quello da seguire. Anche il comandante stimò male l’altitudine a causa della visibilità quasi nulla e decise di franare perché la pista rimasta non era sufficiente per l’atterraggio. Si creò una situazione di stallo aerodinamico e il resto fu tragedia.