“Signore e signori, ho un piano, state a sentire: perché non organizziamo un evento di beneficenza in cui, dopo aver accolto un numero soddisfacente di donazioni, rilasciamo all’incirca un milione e mezzo di palloncini ad elio nell’aria? Cosa potrà mai andare storto…”. Magari queste non saranno le esatte parole pronunciate da uno degli organizzatori del Balloonfest ’86, tenutosi a Cleveland, Ohio, il 27 settembre del 1986, ma sono pronto a scommettere che la questione fu presentata in un modo non troppo dissimile. Se non sapete cosa sia il Balloonfest ’86, mettetevi comodi, state per scoprire una delle storie più illogiche e paradossali degli ultimi tempi, una di quelle che vi restano impresse a lungo come monito sulla stupidità umana, che se associata a sentimenti nobili come l’altruismo, può comunque causare danni e tragedie facilmente prevedibili.
La plastica sta avvelenando il nostro mondo. Un dato di fatto incontrovertibile. Grazie a campagne di sensibilizzazione e variegate forme di autocoscienza oggi lo possiamo dire con assoluta certezza, ma un sentore lo si iniziò ad avere già negli anni ’80 dello scorso secolo. L’ente di beneficenza United Way of America all’epoca non aveva colto l’importanza dell’allarme. Pensò dunque di organizzare un evento benefico nella città di Cleveland, negli USA, durante il quale avrebbe stabilito un guinness dei primati: liberare nell’atmosfera la maggior quantità possibile di palloncini.
Il piano fu il seguente: a partire dalla primissima mattina del 27 settembre 1986, migliaia di volontari raccolsero firme e donazioni a favore dell’ente benefico senza scopo di lucro. Ogni donazione corrispondeva al gonfiamento di due palloncini. L’intenzione originale era quella di raggiungere i due milioni di unità per poi rilasciarli nel pomeriggio dello stesso giorno. Per questioni meteorologiche si decise di anticipare il rilascio e accontentarsi di un milione e mezzo di palloncini. Alle 13:50 EDT la rete metallica di contenimento posta al centro della Public Square si aprì. Indubbiamente fu uno spettacolo mozzafiato, con questi palloncini coloratissimi che veleggiavano nell’aria catturando il cuore di pubblico e stampa.
Un senso di libertà, leggiadria e spensieratezza invase le strade della grande città nord-occidentale. Se cambiate gli addenti (libertà, leggiadria e spensieratezza) con palloncini, il risultato resta pressoché identico. Una battuta per dire come le correnti d’aria fredda e la pioggia mandarono in frantumi le più floride previsioni degli organizzatori. Il maltempo veicolò il milione e mezzo di palloncini tra le strade di Cleveland. Ciò determinò disagi, contrattempi di ogni tipo e persino tragedie nel senso stretto del termine.
Con strabiliante velocità l’incanto assunse i toni dello sgomento. La prima fra le conseguenze fu l’ostruzione delle arterie stradali. Una visibilità limitatissima portò ad incidenti automobilistici, alcuni dei quali anche gravi. Il vicino aeroporto chiuse temporaneamente, bloccando partenze e arrivi per ore. Non immediatamente, ma nel corso dei giorni i palloncini iniziarono a posarsi sulla superficie del lago Erie, toccando persino la riva canadese. Anche qui i danni ambientali si dimostrarono incalcolabili. Come fin troppo spesso accade in situazioni simili, il danno più grande porta con sé la beffa più atroce.
Nel giorno del Balloonfest ’86 la stazione centrale di polizia di Cleveland aveva accolto una denuncia: due pescatori, Raymond Broderick e Bernard Sulzer, erano stati dichiarati dispersi dopo essere usciti per una battuta di pesca. In questi casi il protocollo parla chiaro. Si inviano squadre di soccorso che prontamente si mettono alla ricerca dei dispersi. Lo si fa con elicotteri e imbarcazioni; peccato che a partire da quel 27 settembre e ancora per diversi giorni, mezzi acquatici e aerei non poterono attivarsi. Sai com’è, ci sono un milione e mezzo di palloncini che rendono impossibile qualunque movimento… Fu così che dopo tanto tempo la corrente riportò a riva i corpi dei pescatori, purtroppo esanimi.
Le famiglie delle vittime citarono in giudizio la United Way ma non furono le uniche. Una sfilza di querele tennero occupati per mesi i legali dell’ente benefico. Chiamata al banco degli imputati per centinaia di cause civili, la United Way of America dovette elargire risarcimenti per milioni e milioni di dollari.
Flop economico, disastro ecologico senza precedenti, tragedia umana. Il Balloonfest ’86 fu prevalentemente questo. La perfetta lezione da impartire ai posteri: anche se mossi da una buona volontà, la mancanza di pianificazione e senso pratico, possono comunque tramutare il più puro dei gesti in una catastrofe indimenticabile. Ah, alla fine l’evento valse all’organizzazione il guinness dei primati. Urrà.