La storia leggendaria di San Romedio fa parte del folklore della provincia autonoma di Trento oramai da oltre un millennio. Una vicenda di cristianità che rispetta i vari topoi del suo genere e racconta le vicende peculiari di un santo e di un orso. Vediamone insieme i principali punti e come questi si snodano all’interno del racconto.
Ci troviamo in un bosco sperduto nella Val di Non, nel IV secolo d.C. ed il protagonista della vicenda odierna è il già citato Romedio. Egli nacque approssimativamente nel 330 d.C. in Austria, in un modesto villaggio che corrisponde forse all’odierna Thaur, vicino Innsbruck. Siamo vicini al confine con il Trentino-Alto Adige e, proprio qui, si svolge la vicenda.
La sua famiglia era di tradizione militare ma lui, raggiunta l’età adulta, scelse la vita ascetica. Donò quindi ogni suo bene alla Chiesa e decise di intraprendere un viaggio verso Roma per incontrare Papa Giulio II. Lo accompagnavano due suoi amici molto cari e dal nome a sua volta molto caro alla cristianità: Abramo e Davide.
Una delle prime tappe del suo viaggio fu proprio Trento e qui incontrò il secondo grande protagonista della storia: Vigilio. Si tratta dell’evangelizzatore dell’area che morì sotto le persecuzioni pagane proprio a causa del suo operato. Proseguì alla volta di Roma e, durante il viaggio di ritorno, si fermò proprio nel luogo consigliatogli dal martire Vigilio.
Qui c’era, e c’è ancora oggi, uno splendido luogo di culto dell’eremita trentino. Scavato su una roccia a strapiombo, si tratta sicuramente di un luogo a dir poco suggestivo. Si innesta qui la parte più popolare e leggendaria del racconto: quando Romedio chiese ai suoi amici di sellargli l’unico cavallo disponibile, questi lo avvertirono che dell’animale non restavano che le briglie e la sella; un orso lo aveva divorato ferocemente.
Romedio, senza perdersi d’animo ma anzi con grande serenità, si diresse verso il pericoloso animale. Inutile dire che tornò poco dopo a cavallo dello stesso cui fece indossare anche le briglie e la sella del cavallo morto. Questa leggenda si radicò nei cuori e nel folklore dei trentini tanto che ancora oggi, dopo diversi secoli, fa parte dei racconti popolari della zona. Piccola curiosità finale: ancora oggi nei pressi del convento nella zona vi sono degli orsi che vivono e si aggirano nelle terre di tale racconto di cristianità.