Almanacco del 24 gennaio, anno 1943: si conclude la Conferenza di Casablanca. Questa, fra gli incontri dei grandi leader del fronte Alleato, è forse quella meno conosciuta. Tuttavia la sua importanza per gli sviluppi bellici successivi è assolutamente fondamentale, in particolare per quelli che concernono il nostro Paese. Vediamo perché.
All’inizio del 1943 il corso della Seconda Guerra Mondiale aveva preso una piega decisamente positiva per gli Alleati. La discesa in campo dei due giganti sovietico e americano aveva determinato uno sbilanciamento di mezzi e risorse in favore della coalizione antifascista. Insomma, si era ormai compreso come, se rimasti uniti, il conflitto si sarebbe risolto con una vittoria degli Alleati. Tuttavia, non erano assolutamente chiare le tempistiche. In Europa le forze dell’Asse, seppur in ritirata da est dopo la disfatta di Stalingrado, controllavano ancora pressoché l’intero continente. Nel Pacifico il Giappone dava ancora filo da torcere alla flotta statunitense. Insomma, la vittoria totale era ancora lontana e avrebbe sicuramente significato il sacrificio di numerosi giovani.
Tuttavia, il successo finale dipendeva dalla tenuta dell’assai eterogenea coalizione alleata, della quale facevano parte gli USA e la Gran Bretagna, potenze capitaliste, e l’Unione Sovietica comunista. La profonda differenza ideologica sviluppava in ognuna delle due parti il timore che l’altra potesse decidere di stipulare con le Forze dell’Asse una pace separata. Inoltre, l’URSS manifestò più volte la necessità dell’apertura di un secondo forte in Europa in modo tale da alleggerire il peso della Germania sui sovietici. Era dunque necessario organizzare un vertice fra i leader Alleati per dirimere tali questioni cruciali.
Si decise che l’incontro si sarebbe tenuto a Casablanca, in un Marocco da poco riconquistato dalle forze anglo-americane e “restituito” al governo francese in esilio guidato dal generale Charles De Gaulle. Oltre al “padrone di casa”, quindi, alla conferenza presero parte anche il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, il primo ministro britannico Winston Churchill e importanti esponenti delle forze armate inglesi e statunitensi. Venne invitato anche il leader sovietico Iosif Stalin, il quale però non poté parteciparvi direttamente, ma venne comunque tenuto informato dello svolgimento dei colloqui.
Per assicurare la tenuta della Grande Coalizione, venne promosso il principio della resa incondizionata: tutti i contraenti avrebbero combattuto finché le forze dell’Asse non avrebbero scelto di arrendersi senza condizioni. Inoltre, si venne incontro alle richieste sovietiche di un maggiore coinvolgimento degli alleati occidentali nel teatro europeo stabilendo un’intensificazione dei bombardamenti aerei sulla Germania e l’apertura di un nuovo fronte in Europa. Su insistenza di Churchill, si decise di attaccare l’Italia, quella che il politico britannico definiva “il ventre molle dell’Asse“.
La Conferenza di Casablanca del 24 gennaio 1943, perciò, si rivelò cruciale nel mantenere compatto il fronte Alleato e nel decidere la sorte del conflitto. Sette mesi dopo, infatti, lo Sbarco in Sicilia avviava la Campagna d’Italia e apriva il tanto sofferto “Secondo Fronte”. Una svolta decisiva impressa all’andamento della guerra, avvicinando ulteriormente gli Alleati alla vittoria finale.